Poeta, per Giorgio Orelli, è
chi asseconda l'iniziativa del linguaggio e va dove
portano le parole, "où mènent les
mots", come egli ripete con Valéry, ma "senza
umiliare i contenuti, premuto anzi da essi". In
questo equilibrio tra il partito preso delle parole
e l'attenzione alle cose vere fuori della mente si è
sempre mosso il lavoro poetico di Orelli, da L'ora
del tempo (1962) a Sinopie (1977), a Spiracoli
(1989), all'ultima recente raccolta: Il collo dell'anitra
(2001). Gli otto saggi dedicati all'opera in versi
di Orelli, in quanto poeta e traduttore di altri poeti
(soprattutto Goethe), costituiscono il primo tentativo
di monografia su una delle voci più originali
della lirica italiana del secondo Novecento.
Degli altri saggi, il primo indaga
i rapporti tra Montale e Kavafis, il secondo analizza
uno dei grandi testi del Sereni degli Strumenti umani.
Gli ultimi due si propongono come capitoli di una possibile
storia degli incipit e degli explicit nella narrativa
contemporanea, qui rappresentata dai libri di Meneghello
e dai Sillabari di Parise.
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