Jacques Chessex riceve la legion d'onore

Ennesimo riconoscimento pubblico per lo scrittore svizzero Jaques Chessex: l'annuncio è caduto Venerdì, il contestato narratore riceverà ad inizio giugno la Légion d'Honneur, il riconoscimento con cui la Francia onora personalità che fanno onore al paese. Autore di un'opera imponente - una quarantina di volumi sinora pubblicati - Chessex è ben lungi dal fare l'unanimità in patria…

Il destino critico di Jacques Chessex, sulfureo pontifex della narrativa romanda, è davvero paradossale. Di lui si parla male, malissimo, in patria, e non si può dire che alla brutta fama sia estraneo lo scrittore medesimo. Fondatore e disfacitore di cappelle letterarie, i cui membri prima o poi si sbranano con acredine, venditore dei propri manoscritti al miglior offerente pecuniario - vale a dire la Biblioteca Nazionale - regolatore di conti in pubblico, per interposto romanzo o qualche volta con veri e propri pamphlet al vetriolo, come l'ormai mitico Avez-vous jamais giflé un rat, rivolto ai suoi detrattori presso l'università di Losanna. Eppure, da quando, nel 1973, la Francia l'ha onorato - unico svizzero - del premio Goncourt, la sua fama critica, i suoi riconoscimenti, non smettono di aumentare. Nemo propheta in patria, diranno i più distaccati. Mentre i più maligni si contentano di ribadire che una buona introduzione in certi circoli di potere letterario parigino tutto consente. Non è un mistero che il famoso Goncour cadde su Chessex in un momento in cui gli Accademici volevano aprirsi maggiormente alla francofonia e che il riconoscimento venne preceduto da insistenti contatti ravvicinati anche con altri letterati romandi. E' dunque o no, Jacques Chessex, il maggiore scrittore romando contemporaneo? La domanda diventa oziosa, quando esce dall'ambito in cui dovrebbe esser posta, cioè dai libri. Ma anche qui è difficile districarsi, in un opera enorme, in cui brilla in primo luogo una poesia lussureggiante e di altissimo livello, e una serie di romanzi in cui troneggiano le figure stilistiche della tentazione della carne, del suicidio del padre, della fede come lacerazione; una sorta di Bernanos calvinista con l'accensione stilistica di un Jouhandeau. Certo i suoi ultimi romanzi sono sempre più pasticciati, dal debole Incarnata, fino al narcisistico Monsieur, da poco pubblicato. Ma i riconoscimenti internazionali a pioggia e l'orgogliosa albagia del personaggio non aiutano certo a leggere la sua possente opera serenamente.

Pierre Lepori

Radio Svizzera Italiana – Rete2