"Parabole smorzate" nuova raccolta dei versi di De Marchi

"Parabole smorzate" (Casagrande, 1999), presentato giovedi sera alla Biblioteca cantonale di Lugano, è una raccolta poetica di quelle vere: ogni parola, ogni rima, ogni minimo dettaglio della lingua, acquista in tutti versi un senso assoluto, perfettamente integrato al contenuto tematico del libro che con le parole di Giorgio Orelli definiremmo "un'attenzione parca agli eventi minimi della vita". In molte delle composizioni di Pietro De Marchi si respira un sottile senso di sospensione, quasi il mondo fosse in ascolto di se stesso (Orelli) e il poeta, da un angolo appartato, cercasse di coglierne il soffio, il momento in cui lo smaltato nulla si riveli nell'emozione di un attimo. Ma il momento "salvifico" non compare mei per caso, è la conseguenza di un percorso in cui l'uomo, la natura e le cose sono sul punto di scomparire, di trapassare nel vuoto e poi - forse anche grazie allle parole del poeta (G. Benn scrive:"Wer redet is nicht tot") - uno spiraglio di speranza si affaccia come tra sole e pioggia e la vita diventa nuovamente accettabile, illuminata nell'impercettibile gioia in cui ci si sorprende delle semplici meraviglie che l'esistenza ci regala.

Giorgio Orelli - nella sua splendida e vertiginosa analisi del libro (ripercorribile, in altre forme, nella prefazione al libro) - ha proposto al pubblico un suo commento a una poesia fra le più belle,

Il cigno e l'altalena :
"È fermo eppure dondola
Il cigno che lento si liscia
Sull'acqua di raso del lago :
Lo sospinge una bava
Di vento, lo raggiunge
Impercettibile l'onda.
Transita al largo un kayak,
I soliti passeri a riva
Saltellano, perlustrano la ghiaia.
L'alternativo con cane si allena
A lanciare in aria il bastone
Per riprenderlo al volo.
Intanto tu vai dallo scivolo
All'altalena".

Qui, come nel resto della raccolta, De Marchi si affida costantemente alla risorse estetiche della lingua, cercando di instaurare un profondo colloquio fra suono e senso, fra significato e significante. Prendendo a prestito l'analisi di Orelli - qui naturalmente proposta in modo parziale - rendiamo per esempio attento il lettore al verso "Sull'Ácqua di rÁso del LÁgo": se è immediatamente visibile l'assonanza e l'isosillabismo che lega /rAsO/ a /lAgO/ à però il ritmo e l'uso dell'aperta /Á/ a produrre un notevole senso di spazialità, di eternità. La sensazione che si prova è che l'acqua diventi palpabile, quasi fosse ferma, araldizzata nelle parole del poeta. Questo senso di vertigine si pervade in tutto il testo (gli aggettivi, gli avverbi e i sostantivi che descrivono immobilità sono moltissimi : /fermolento-bava-impercettibile-soliti/) e si scioglie, definitivamente, solo nell'ultimo distico, in quel /TU/ così sincero e umano: /Intanto tu vai dallo scivolo / all'altalena/. Il figlio del poeta va all'altalena, ride, gioca e si diverte:è forse anche simbolo di una possibilità, di un volo ideale che solo i bambini possono intraprendere perché per loro non esiste il vuoto, il silenzio.

Nei versi di De Marchi echeggiano timbri, strutture metriche e immagini di altri poeti - Dante, soprattutto, Montale, Saba, ma anche dello stesso Orelli e dell'amico Pusterla (il precedente /baba/ ne è un sicuro retaggio) - in un colloquio che permette al lettore di gustare in nuove vesti versi che non si possono dimenticare.Nell'apertura di Verso Marina si legge :

"Rischia grosso il ramarro maremmano
Se sotto la gran fersa dell'estate
attraversa la pista".

Qui De Marchi omaggia innanzituto Dante che in un famoso epigramma naturale (Contini) che si legge in Inf. XXV, v v. 79-81 scrive :

"Come 'l ramarro sotto la granfersa
del dì canicular cangiando sepe,
folgore par se la via attraversa";

ma non è tuto, perché l'orechio ci riconduce anche al Montale dei Motteti dove si legge :

"Il ramarro, se scocca
sotto la grande fersa
dalle stopi".

Non escluderei inoltre che De Marchi "strizzi l'occhio" anche a Giorgio Orelli, che più volte nei suoi testi ha ripercorso questo insetto fra i più letterari che si conoscano.

Leggere De Marchi è ascoltare il mondo, forse un modo per avvicinarci a un più discreto amore per la vita.

Andrea Moser

22.05.00

 

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