Alla scrittrice ticinese dalla Fondazione Schiller
Nuovo riconoscimento per Anna FelderUn nuovo riconoscimento alla ticinese Anna Felder. Dopo aver ricevuto poco più di un mese fa una borsa culturale dalla Pro Helvetia, la scrittrice che da lunghi anni vive ad Aarau dove insegna letteratura italiana nel locale liceo, è stata scelta dalla
Fondazione Schiller come beneficiaria di un riconoscimento di 10 mila franchi per l'insieme della sua opera. Insieme a lei riconoscimenti pure a Fernando Grignola e Mario Agliati. La Fondazione Schiller annualmente riconosce ad autori delle diverse regioni svizzere contributi grazie ai quali la loro opera viene stimolata. Periodicamente poi la Fondazione attribuisce il Gran Premio che attualmente è considerato il più prestigioso premio letterario svizzero.
Abbiamo raggiunto telefonicamente Anna Felder che non ha nascosto la sua meraviglia di fronte alla notizia appresa solo in parte poco prima del nostro colloquio. «L'attribuzione di questo riconoscimento mi attribuisce una responsabilità molto forte. Dovrò quindi mettermi a lavorare al più presto in quanto qualcuno, attraverso questi premi, si aspetta da me qualcosa di concreto».
Il riconoscimento le è stato attribuito per l'insieme della sua opera per cui tutti le riconoscono meriti per Tra dove piove e non piove, La disdetta, Nozze alte e Gli stretti congiunti oltre ad un discreto numero di radiodrammi. Non credo che le vogliano mettere fretta...
«Il tempo finora mi è piuttosto mancato perché la mia docenza è a tempo pieno.Tuttavia ho ormai deciso di lasciare il mio posto a gennaio per un prepensionamento che mi permetterà di dedicarmi alla scrittura e alla lettura. Ricevendo questi riconoscimenti ho come l'impressione che si sia compreso come io abbia bisogno di un momento di calma e indirettamente mi si dica "adesso ti ritiri per lavorare, ma adesso devi lavorare". Devo prendermi sul serio, non le pare?».
Dal suo punto di vista, è possibile individuare un filo conduttore nella sua opera che la Fondazione Schiller ha voluto premiare?
«Più che di un filo conduttore io parlerei di un elemento assente da ognuno dei miei lavori. Ciò che manca dai miei libri è una grande vicenda drammatica fatta di svolte che portano a tracolli. Il mio lavoro è da vedersi piuttosto come un'introspezione dell'animo umano, delle situazioni e della vita. Situazioni che fotografo e rifotografo con la mia narrazione in luce e controluce per fissare ogni sfaccettatura. In un certo senso potremmo definirla una sorta di radiografia».
Lei interpreta questo riconoscimento come un invito a lavorare. Ha già in mente qualcosa?
«Naturalmente si. Ho già chiaro ciò che voglio portare avanti, si tratta di un romanzo, ma non anticipo troppo, vorrei non legarmi le mani e sentirmi libera di cambiare rotta durante il viaggio...».
Giovanni Conti
martedì 12 maggio 1998