L’Ospite

Pensierini di Capodanno di Giovanni Orelli, scrittore

Il primo gennaio ho sentito l’intervista di Elkann (el can dice un gran lombardo) a Enzo Biagi. Devo confessare che per Biagi avevo scarsa simpatia. Ma che belle risposte ha dato. Nel ricordo, soprattutto, degli umili intelligenti (di mente e di cuore) genitori. Che lo educano non alla carriera, sì a essere galantuomo nel segno della bontà.

Il padre che, pochissimo conosciuto, operaio, non chiama padrone il padrone, ma principale, torna una sera di dicembre (nella cena natalizia l’anguilla era piatto obbligato) con anguilla gigante, proporzionale alle cortesi libagioni con i compagni del vivere quotidiano (e a un certo punto, intenso, con un passaggio dall’understatement all’esplicito che fa onore a Biagi, perché l’ha detto con grande amore, a un certo punto Biagi lascia uscire l’"era ubriaco", e mai o quasi mai la cosiddetta ubriacatura risulta così nobile, e per capirlo bisogna leggere, o rileggere, quel grande libro del secolo scorso che è Sotto il vulcano di Malcolm Lowry). Per cui la madre di Biagi, la moglie, lo stigmatizza con un "proprio nel giorno della nascita del Bambino…". Donde la "illumination" del padre: "ma è così piccolo che non se ne è accorto".

Questo Bambino innocente che non si accorge, che non può, per fortuna di tutti, accorgersi della più o meno leggera euforia dei padri-asini che trascinano il carretto della vita quale ci è venduta giorno dopo giorno, come è diverso, quasi agli antipodi, del Gesù di Alessandro Manzoni giansenista. Credo sia difficile trovare un testo più duro del suo Natale 1833. Non cercatelo tra le sue Opere. Non c’è. Ma c’è.

Mentre a stornar la folgore
trepido il prego ascende,
sorda la folgor scende
dove Tu vuoi ferir.

Che Bambino sordo e terribile. Con la T maiuscola, il Tu. È sorprendente che Tolstoij, ossessionato dal sapere l’origine del male nel mondo, ma con occhio sempre rivolto in prevalenza a Rousseau-Stendhal, non abbia mai incontrato (ma posso sbagliarmi!) Alessandro Manzoni, come l’aveva invece incontrato Goethe.

Sì che Tu sei terribile… è l’esordio del Natale 1833. Ai terribili interrogativi di Alessandro Manzoni, interrogativi che si sono fatti più drammatici nel nostro efferato ventesimo secolo, risponde, o cerca (!) di rispondere Giandomenico Mucci, S.I. (= della Società dei Gesuiti) con l’articolo dal titolo chiaro: Dopo Auschwitz. Il Dio impotente di Hans Jonas, "La Civiltà Cattolica" n. 3587, 4 dicembre 1999, 425-438 (è la risposta a Hans Jonas, Il concetto di Dio dopo Auschwitz. Una voce ebraica, Genova, il melangolo, 1991. Il riassunto è: dopo Auschwitz, Dio, che su quella tragedia ha taciuto, può essere pensato o buono e comprensibile ma non onnipotente, o onnipotente ma incomprensibile e non buono. Jonas è per la prima ipotesi.

E Manzoni? E tu lettore?

Penso che per fornire una (diciamola pure provvisoria) risposta possa aiutare il bel discorso di Ciampi agli italiani, soprattutto là dove egli esorta a guardare a tutti gli aspetti della convivenza civile. Ma ecco che torna un pensiero da Kolyma, l’omologa russa di Auschwitz. Scrive Salamov: "(…) Il giornale con l’annuncio dei funerali di Kiselev passò di mano in mano. In miniera, durante le ore di lavoro, quel ritaglio di giornale spiegazzato veniva illuminato dalla lampada di sicurezza dell’accumulatore. Leggevamo, e con gioia gridavamo ‘urrà!’. Kiselev è morto. Allora Dio esiste!"

Giovanni Orelli

14.01.2000

 

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