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Plinio Martini

 


L'antologia edita dall'editore Armando Dadò a vent'anni dalla scomparsa dello scittore
Nessuno ha pregato per noi

Pubblicata la raccolta di 46 scritti di Plinio Martini curata da Ilario Domenighetti

Nessuno ha pregato per noi è il titolo della raccolta di scritti di Plinio Martini che a vent'anni dalla morte dell'autore (6.8.1979) appare presso l'editore Arniando Dadò di Locarno per la cura di Ilario Domenighetti, che allo scrittore di Cavergno ha già dedicato diversi studi e un'indagine a carattere bio-bibliografico. Si tratta di un'antologia che, come si dice nella "Premessa", «offre in filigrana una spaccato di antropologia e di microstoria alpina, riportandoci dentro le vicende di una civiltà rude, nata in condizioni ambientali durissime, dove la fatica di vivere era al limite della sopportazìone umana, in una valle che per la sua impervia orografia già nei primi viaggiatori europei evocava un forte senso di solitudine, di desolazione e di abbandono».

Il libro raccoglie 46 scritti di Plinio Martini, stesi nell'arco di un ventennio, dal 1957 al 1977. È preceduto da un'ampia introduzione del curatore, a un'accurata annotazione per ogni testo, ed è completato da 65 fotografie (tutte con didascalie tratte dai testi di Martini), che si pongono così come una sorta di commento visivo agli scritti dello scrittore. In appendice è riprodotto fi lavoro di licenza del diciannovenne Martini alla Scuola Magistrale e ,una lettera della perpetua di Don Giuseppe, protagonista del Fondo del sacco, con la risposta dello scrittore.

Nessuno ha pregato per noi sarà presentato al pubblico domani, venerdi 24 settembre, alle ore 17.30 nella sala della Sopracenerina a Locarno (Piazza Grande). Interverranno, oltre al curatore, Ottavio Besomi, Bruno Donati, Luigi Generali e Michele Fazioli.

Al curatore Ilario Domenighetti abbiamo chiesto di illustrarci brevemente gli argomenti di fondo che emergono dagli scritti di Martini raccolti in questo nuovo volume.
«E un libro che raccoglie scritti di diversa natura di Plinio Martini ma nei quali si riflette una costante ansia civile e documentaria rispetto al mondo contadino della sua valle nel momento del suo declino. Sono anche scritti che in un certo senso preparano i romanzi della maturità in quanto in essi ritroviamo il medesimo atteggiamento di fondo verso il patrimonio storíco-naturale e, talvolta, anche frammenti e annotazioní che passeranno pari pari nell'opera letteraria».

È dunque possibile dire che in qualche modo questi scritti prefigurano ciò che negli anni futuri sarebbe divenuta l'opera di Martini e gli argomenti a lui cari?
«Sì, certamente. Anzi qualche scritto dì questo libro è già di per sé di stampo artistico-letterario, come le schede su Dario Fo, sul mimo Dimitri, o la presentazione di una scheda di Leonardo Sciascia incontrato a Locarno dopo una conferenza. Altrimenti i motivi dominanti sono quelli di sempre in Martini: la natura alpina e i modi in cui gli uomini del passato sono faticosamente riusciti ad addomesticarla in funzione dei loro bisogni vitali, la discendenza e l'ereditarietà (di sangue'è simbolica ndr), la religiosità».

Martini e la natura alpina un testimone straordinario di questa realtà...
«Martini si è trovato ad essere uno degli estremi testimoni della vita rurale in una valle considerata la più impervia ed ostica dell'intero arco alpino, vale a dire la Valle Maggia e in particolare la Valle Bavona, fra i cui dirupi e cupi strapiombi sembra impossibile che persecoli una comunità numerosa sia riuscita a perpetuare la vita, a costruire sentieri e abitazioni,, a trovare prati e pascoli da sfruttare e attraverso cui sfamarsi».

Naturalmente tutto ciò, con quel che ne deriva, è presente anche negli scritti raccolti in questa pubblicazione?
«Come quel popolo di montanari sia riuscito nell'impresa di sopravvivere è appunto al centro di più di uno scritto fra quelli antologizzati nel libro».

Che può dire del rapporto di Martini con gli elementi della natura?
«La natura, soprattutto l'elemento vitale dell'acqua, è al centro dell'impegno civile dello scrittore, impegno che traspare quasi in ognuno dei 46 testi di questa antologia. Si va infatti dalla semplice attività di catalogo dei laghetti e dei corsi d'acqua valmaggesi, alla virulente denuncia degli sfregi che a partire degli anni Cinquanta la valle subisce con l'inizio dei lavori idroelettrici, che fanno senz'altro uscire quel mondo ancestrale dagli stenti e dalle miserie, ma a un prezzo - in termini di distruzione del patrimonio storico e di sfruttamento economico delle risorse naturali - che a Martíni sembra inaccettabile».

Lei ha citato anche la discendenza e l'ereditarietà. Cosa hanno voluto dire per Martini?
«Rìguardo alla discendenza Alartini sente che i padri (o le madri) stanno dietro, nel passato, e dentro, nel cuore di' ogni erede: rinnegarne e cancellarne la memoria equivale a cancellare una parte importante e vitale degli individui. Da qui laforte componente affettiva che informa la sua lettura del mondo naturale e la strenue ricerca dei segni che vi hanno lasciatogli uomini nel modificarlo e adattarlo alle loro necessità; significativi in questo senso i diversi interventi attorno all'architettura rurale».

Da ultimo il tema della religiosità...
«L'aspetto della religiosità è rappresentato in particolare nel libro da due scritti di notevole impatto emotivo. Si tratta di appassionate discussioni attorno ai modi della predicazione e dei suoi effetti sul credente».

Réd.

 

Page créée le 11.05.00
Dernière mise à jour le 20.06.02

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