Manuela Camponovo
journaliste culturelle au Giornale del Popolo (Lugano)

Il 29 aprile esce il secondo numero di «Viceversa Letteratura», la rivista annuale di letteratura contemporanea svizzera associata al nostro sito. L'edizione 2008 contiene un vasto dossier speciale dedicato alla critica letteraria in Svizzera. Parallelamente a questo pubblicazione, Culturactif.ch ospita durante i mesi di aprile, maggio e giugno tre personalità marcanti del panorama critico elvetico: Manuela Camponovo ("Giornale del Popolo", Lugano), Isabelle Rüf ("Le Temps," Ginevra) e Charles Linsmayer ("Der Bund", Berna).

 

Intervista a Manuela Camponovo (di Anne Pitteloud)

Manuela Camponovo, lei è responsabile dell'inserto culturale settimanale del Giornale del Popolo , che appare il sabato (quattro pagine, di cui una consacrata alla letteratura). Gli altri quotidiani ticinesi, come indicato dal dossier sulla critica di Viceversa letteratura (n. 2, in uscita il 1° maggio) , pubblicano da una a tre pagine culturali al giorno, concentrandosi, però, soprattutto sullo spettacolo: i libri sono perlopiù filtrati da interviste con gli autori o annunci, che non attraverso la critica. Le sue pagine culturali, invece, privilegiano la critica, sono proposte poesie, ecc. E lei è particolarmente attenta alla letteratura ticinese e Svizzera in generale. Ci parli di queste scelte.

Il fatto di non avere una pagina culturale quotidiana ci permette di andare meno a rimorchio delle conferenze stampa e dell'attualità più contigente, che però trovano pure spazio nelle pagine giornaliere di cronaca o in quella di agenda, per concentrarci piuttosto sugli approfondimenti. Alla letteratura effettivamente dedichiamo una pagina, in genere la seconda, a volte, in relazione ad eventi o personaggi di particolare rilievo, anche la copertina della prima pagina.
Abbiamo una serie di collaboratori ai quali commissioniamo gli interventi oppure sono loro stessi a farci proposte che valutiamo, di volta in volta. Però, ad esempio, il poeta e critico Gilberto Isella, nella sua rubrica mensile «Il palchetto», gode di un'assoluta autonomia per le sue scelte, che spaziano soprattutto nella poesia contemporanea, ma anche nella narrativa e nella saggistica internazionali. Nel numero del 29 marzo ha presentato un'antologia di poeti israeliani quasi del tutto sconosciuti rispetto ai nomi degli scrittori che circolano continuamente, Yehoshua, Oz, Grossman. Ed è una scelta di nicchia che rispecchia esattamente lo spirito del nostro inserto. In italiano c'è il modo di dire «piove sul bagnato», cioè, là dove non servirebbe… Ecco, noi, non vogliamo far piovere sul bagnato: perché è inutile e perché qualcun altro, meritevole, rischia di restare «all'asciutto», cioè, nel nostro caso, «sconosciuto»…
Anche la maggior parte della letteratura ticinese e svizzera rientra nel discorso della « nicchia » , della marginalità, se confrontata con il panorama mondiale: allora, perché scrivere dell'ultimo bestseller o del nome già noto e affermato, di cui tutti si occupano? Da una parte, noi siamo un giornale regionale, fortemente radicato nel territorio. Dall'altra, c'è anche da considerare che il lettore interessato alle pagine culturali, è un lettore ‘trasversale' e, visto l'ambito italofono in cui operiamo, comprerà La Stampa , quotidiano di Torino, il sabato, perché ha l'inserto Tuttolibri e il domenicale del giornale economico Sole24 ore , il supplemento culturale italiano più serio e autorevole. Noi non ci mettiamo in competizione, né vogliamo sovrapporci con gli stessi argomenti: abbiamo poco spazio ed è meglio occuparlo valorizzando ciò di cui gli altri, di solito, non scrivono.

Lei pubblica anche la traduzione di alcuni articoli apparsi su Culturactif (sempre libri d'autori romandi o della Svizzera tedesca non tradotti in italiano). Quale è, per lei, l'interesse di questa collaborazione?

La Svizzera ha un privilegio, una ricchezza: il plurilinguismo che però pone ostacoli nella conoscenza tra le diverse regioni linguistiche, nella diffusione culturale a livello nazionale soprattutto in campo letterario. La via principe per superare queste barriere è la traduzione. Negli ultimi anni, nella Svizzera italiana, si assiste effettivamente ad un intensificarsi di opere svizzere tradotte in italiano. Ma si sa ancora molto poco dei libri che escono nella Svizzera francese o tedesca. Da qui l'importanza della collaborazione con il sito Culturactif che permette almeno di veicolare il nome di alcuni scrittori, di sapere cosa pubblicano, quali sono i temi e lo stile che li caratterizzano. Ogni mese, «pesco» dunque dal sito quello che mi sembra più interessante per il nostro lettore, in forma di recensione o intervista, e lo faccio tradurre in italiano: ad esempio, ho seguito un po' il filone dell'immigrazione, perché è un tema molto sentito anche da noi, scegliendo il curdo Yusuf Yesilöz che scrive in tedesco o il rumeno Marius Daniel Popescu che scrive in francese…

Come considera il suo mestiere? Esiste, secondo lei, una responsabilità per il critico? E di che responsabilità si tratta?

Come responsabile del settore culturale, a livello organizzativo mi devo occupare un po' di tutto. A livello personale, negli anni mi sono « specializzata» nel teatro e nella letteratura. Purtroppo, per mancanza di tempo non scrivo molto di libri. Più che di «impegno» o di «militanza» preferirei parlare di «onestà intellettuale» che è la vera responsabilità che sento nei confronti dei lettori: di scrivere ciò di cui sono veramente convinta, senza condizionamenti esterni…

Lei è membro della Fondazione Schiller : decide, con Walter Breitenmoser, del Premio Schiller italofono. Questo le permette di avere una visione su quasi tutto quello che appare oggi in Ticino: cosa può dire dell'evoluzione delle lettere ticinesi?

Siamo un Cantone ipertrofico, abbiamo un'offerta straordinaria in tutti i campi della cultura ed è un crescendo continuo. Fatta la dovuta selezione qualitativa, resta comunque ancora moltissimo, rispetto all'ampiezza del territorio e al numero di abitanti. In quanto alle lettere, anche da noi come ovunque, ci sono molti più poeti che lettori di poesia… Ma è soprattutto in questo ambito che s'inizia a notare un certo ricambio generazionale con l'esordio di diversi giovani promettenti. Per un approfondimento rimando all'articolo pubblicato da Viceversa 1 che dedica appunto un capitolo alla poesia e alla giovane poesia ticinese… Ma la sorpresa di quest'anno per il Premio Schiller non è venuta né dalla poesia né da un debutto giovanile: per originalità, raffinatezza di stile, con Regine di confine si è imposta Erika Zippilli-Ceppi, esordiente nella narrativa a sessant'anni e, non a caso, traduttrice di professione.

Come è evoluto lo spazio consacrato alla letteratura e alla critica nei media del Cantone ?

Tutto il mondo è paese: lo spazio delle pagine letterarie si è alquanto ridotto, di conseguenza anche quello dedicato alla critica letteraria; pare che funzioni di più il passaparola che l'opinione del professionista di turno… Oggi anche i pareri sui libri sono finiti nei blog d'internet… Noi cerchiamo di difenderci come possiamo, dando uno spazio di sopravvivenza alla critica letteraria: nel numero del 22 marzo abbiamo accolto una documentata e analitica recensione di Flavio Medici all'esordio poetico di Fabio Contestabile che ha occupato tre quarti di pagina!

Come si sono evolute le condizioni del suo mestiere ?

L'evoluzione tecnologica ha inciso notevolmente sui contenuti e sul modo di lavorare. Velocità e brevità sono i nostri demoni. Una volta ci si prendeva il tempo per incontrare le persone, passare un pomeriggio in compagnia di uno scrittore… Oggi le interviste si fanno al telefono o via email… Non si riesce quasi più a uscire dalla redazione…

All'inserto culturale del Giornale del Popolo lavorate in due, sostenuti da collaborazioni esterne. Siete, dunque, una piccola équipe; quali sono i vantaggi e gli svantaggi di questa condizione?

Essere piccoli vuol dire essere costretti a fare di tutto, dalla conferenza stampa al comunicato, alla cosiddetta «cucina», ma questo porta anche ad avere un controllo totale su ogni aspetto del lavoro e ad operare scelte rigorose. Essere piccoli vuole anche dire subire meno i ricatti o le pressioni della pubblicità…

Il Giornale del Popolo è il giornale della Chiesa cattolica. Questa collaborazione ha un'influenza sul suo lavoro o è totalmente libera nelle scelte redazionali e nel tono degli articoli?

Sono molto più libera di quanto lo sarei probabilmente in un giornale che subisce condizionamenti ideologici, politici o economici. Essere un inserto culturale inserito in un giornale cattolico non vuol dire riempire le pagine di temi o personaggi religiosi. Non è una questione di contenuti, ma di approccio, della sensibilità particolare con cui si guarda al mondo. Ad esempio, l'anno scorso, il Sabato Santo, sulla copertina del nostro inserto non campeggiava una immagine sacra, ma la tela monocroma (rossa) con un lungo taglio verticale di Fontana commentata del nostro critico d'arte Davide Dall'Ombra. Una scelta coraggiosa, che ha suscitato qualche perplessità nei nostri lettori più tradizionalisti. Quest'anno l'idea ci è stata «scippata» dal nostro direttore che ha chiesto a Dall'Ombra di fare la stessa cosa per la prima pagina del giornale del 22 marzo: per augurare Buona Pasqua è stato scelto un quadro che più laico non si può, La repasseuse di Picasso, perché, citando dal commento del nostro critico, «La battaglia in corso è quella, non meno perigliosa, di dir di sì alla vita spicciola, di dare un senso alla speranza».

Propos recueillis par Anne Pitteloud