Domenico Bonini - Rudolf
Schürch
Voci e Accordi, Cento autori svizzeri
dell'Ottocento e del Novecento, Armando Dadò editore, 2003
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Domenico
Bonini - Rudolf Schürch / Voci
e Accordi |
ISBN 88-8281-110-7
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"Nella
loro antologia di testi svizzeri del XIX e XX secolo,
Domenico Bonini e Rudolf Schürch ci mostrano
tanto le voci divergenti quanto gli accordi tra le
diverse letterature elvetiche. Il loro lavoro è
originale e coraggioso: al posto di giustapporre i
testi delle differenti culture, hanno cercato di ravvisarvi
le affinità"
Roger
Francillon
Isolamento e immobilismo sono
stereotipi che - a torto o a ragione - accompagnano
spesso il concetto di "identà elvetica".
Eppure, chi si trovasse a indugiare
tra le quattro letterature nazionali, avrebbe modo
di sincerarsi dell'indole inquieta e talvolta dissacratoria
degli scrittori svizzeri - siano essi poeti, narratori
o drammaturghi - e della loro connaturata tendenza
a sperimentare nuove forme espressive.
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Ne è testimone questa antologia, che accoglie
testi di cento autori vissuti nel XIX e nel XX secolo:
37 di lingua tedesca, 26 di lingua francese, 23 di
lingua italiana, 14 di area retoromancia.
Modernità d'intenti
artistici e radicamento alla patria regionale, diversità
di lingua e comune destino storico, "voci"
marginali e "accordi" di particolari temperie
e movimenti di idee: molti sono i fili che legano
tra di loro questi brani, che i curatori hanno scelto
non solo per l'intrinseco valore letterario ed espressivo,
ma anche per l'impegno etico e i numerosi spunti di
riflessione che essi sanno offrire al lettore.
Preceduti da una scheda bio-bibliografica
dell'autore, un'introduzione critica e un apparato
di note esplicative, i testi vengono in gran parte
proposti in traduzione originale, pur essendo indicate
in appendice le versioni italiane già esistenti.
Domenico
Bonini è nato a Lugano nel 1941. Ottenuto
un dottorato in lettere presso l'Università
di Neuchâtel, ha insegnato nelle scuole medie
superiori ticinesi. Narratore e saggista, per le Edizioni
Dadò è stato pure coautore di quattro
volumi sul patrimonio folclorico ticinese (Il
meraviglioso - leggende, fiabe e favole ticinesi,
1990-1993) e di una ricerca sui viaggiatori e illustratori
venuti in Ticino dal medioevo al primo conflitto europeo
(Con gli occhi degli altri,
1996).
Rudolf
Schürch è nato a Grenchen (SO)
nel 1955. Laureato presso l'Università di Firenze,
ha collaborato con quotidiani e riviste ticinesi e
ha pubblicato il saggio Vittorio
Sereni e i messaggi sentimentali (Vallecchi
Editore, 1985). Attualmente insegna nelle scuole medie
superiori del Canton Ticino.
Voci e Accordi, Cento autori
svizzeri dell'Ottocento e del Novecento, Armando Dadò
editore, 2003
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Prefazione,
Roger Francillon |
italiano - français
Prefazione
La conseguenza del plurilinguismo
elvetico è un multiculturalismo che si riflette nella
diversità delle nostre letterature. Di regola esse
vengono presentate ponendole una a fianco dell'altra, quasi
che ognuna delle quattro letterature della Svizzera costituisse
un'entità autonoma, indipendente sia da quelle delle
nazioni vicine sia da quelle delle altre regioni linguistiche.
La Svizzera non è una nazione come le altre, d'accordo,
ma nel corso della storia è andata formandosi una
mentalità, uno spirito svizzero che ha impregnato
la natura e il pensiero di tutti i suoi cittadini, a dispetto
delle notevoli differenze culturali che separano svizzero-tedeschi,
romandi, italofoni o romanci.
Fino alla Rivoluzione del 1798, la
Confederazione elvetica dei Tredici Cantoni era uno stato
monolingue con baliaggi o alleati francofoni, italofoni
o grigioni. Già tra il XVI e il XVIII secolo si assiste
però alla progressiva elvetizzazione dell'area romanda,
costituita allora dalla repubblica di Ginevra, dal principato
di Neuchâtel, dal vescovado di Basilea e dal Vaud
bernese: un fenomeno che implica un distanziamento dalla
Francia, con la quale la regione condivide lingua e cultura.
Nel Settecento nasce poi il mito di una Svizzera libera
nelle sue montagne, "risparmiata dai tumulti che agitano
il resto del mondo", rimasta quasi allo stato di natura
perché refrattaria ad ogni lusso e ostentazione di
marca francese. Questo mito - che non rifletteva per nulla
la realtà di un paese dominato dalle oligarchie patrizie
- fu propagato dai viaggiatori, dopo che Rousseau gli ebbe
data dimensione europea nella sua Lettre à D'Alembert
e nella Nouvelle Héloïse.
Questa immagine di una Svizzera idillica
viene ripresa nell'Ottocento dai grandi scrittori romantici,
da Goethe a Hugo. A quell'epoca gli antichi baliaggi e alleati
sono ormai diventati cantoni della Confederazione a tutti
gli effetti. Accolti da poco nel grembo elvetico, questi
nuovi venuti si trovano nella situazione di dover dimostrare
attraverso la letteratura, le arti o il discorso politico
l'appartenenza a uno Stato federale ed affermare così
la loro nuova identità. Nella Svizzera romanda, ad
esempio, il ginevrino Töppfer, inventore del fumetto,
auspica una pittura nazionale, prendendosi gioco nelle sue
Nouvelles genevoises di quei viaggiatori francesi che ritengono
di aver scoperto la luna nelle Alpi svizzere. Nella seconda
metà del secolo, saranno innumerevoli i romanzi popolari
o le pièces teatrali intese ad esaltare questo sentimento
nazionale.
Non cessano, anche nel XX secolo,
le dispute sulla questione dell'identità elvetica.
A fronte di un Gonzague de Reynold impegnato nella definizione
di uno spirito svizzero, Ramuz proclama che questa identità
non può che essere cantonale, spingendosi ad affermare,
nel 1937 (in piena difesa spirituale della Svizzera), che
la sola cosa che unisce tra loro gli Svizzeri è l'uniforme
dei postini. Idea ribadita alla fine del secolo in occasione
dell'esposizione universale di Siviglia nello slogan: "La
Svizzera non esiste". I numerosi dibattiti sul ruolo
della Svizzera durante la Seconda guerra mondiale e nel
corso della Guerra fredda testimoniano comunque l'importanza
che gli Svizzeri continuano ad attribuire all'immagine del
loro paese. Dalla felicità di essere svizzeri, per
dirla con Denis de Rougemont, si è passati con Jean
Ziegler alla vergogna di esserlo: non per questo però
si è meno sensibili all'idea che un'identità
svizzera esiste, con i suoi pregi o i suoi difetti, e anche
negandola non si fa che confermarla.
Nella loro antologia di testi svizzeri del XIX e XX secolo,
Domenico Bonini e Rudolf Schürch ci mostrano tanto
le voci divergenti quanto gli accordi tra le diverse letterature
elvetiche. Il loro lavoro è originale e coraggioso:
al posto di giustapporre i testi delle differenti culture,
hanno cercato di ravvisarvi le affinità.
Come sempre, in un'antologia, è
necessario lasciar da parte scrittori che meriterebbero
di figurarvi: una scelta che si fa ancor più delicata
quando si tratta di autori viventi. Senza pretendere di
essere esaustivi, i curatori di quest'opera hanno voluto
anzitutto individuare le tendenze delle nostre varie letterature,
sottolineandone le convergenze reciproche.
Un esempio significativo: è indubbio che esiste un'affinità
tematica tra l'opera di Francesco Chiesa e quella di Ramuz.
Nei loro romanzi entrambi hanno descritto le loro rispettive
terre con originalità d'espressione. Ma se il Ticinese
ha cercato di raccontare il suo paese con una lingua classica,
per non dire accademica, il Vodese è ricorso a uno
stile vicino all'oralità, antiaccademico, ciò
che lo ha reso per molto tempo sospetto agli occhi dei puristi.
Restando nel XX secolo, è
sorprendente rilevare i numerosi accordi tra le nostre diverse
letterature. Armonie spesso intercalate nel tempo, giustificabili
con l'influenza che possono aver esercitato scrittori tradotti
nelle lingue delle altre regioni della Svizzera. È
evidente, ad esempio, che il prestigio internazionale di
Max Frisch o di Friedrich Dürrenmatt ha influenzato
non solo epigoni alemannici come Otto F. Walter, Peter Bichsel
o Adolf Muschg, ma pure autori romandi quali Velan, Chessex
o Voisard, ticinesi come Giovanni Orelli o romanci come
Theo Candinas. In tutti questi scrittori si ritrova la stessa
volontà di rimettere in questione le strutture prestabilite,
una comune indagine, spesso umoristica, della realtà
elvetica, la riflessione sul destino dell'uomo in una società
come la nostra.
C'è poi un altro aspetto che
risalta dalla lettura di questa antologia: benché
gli Svizzeri siano considerati dei pedagogisti nati e benché
i saggi e i discorsi abbiano un posto di rilievo nelle loro
diverse letterature, la poesia occupa - e a giusto titolo
- un posto capitale in questo libro. Ciò che contraddice
pure l'immagine dello Svizzero prammatico e materialista.
È infatti sorprendente constatare che uno dei maggiori
poeti di lingua italiana del XX secolo è il ticinese
Giorgio Orelli e che il vodese Philippe Jaccottet è
considerato in Francia uno dei poeti più importanti
della seconda metà del Novecento. E lo stesso si
potrebbe dire di Erika Burkart nella Svizzera tedesca. Questi
poeti hanno avuto degli emuli nelle loro rispettive lingue,
così che in questo avvio di XXI secolo la scena poetica
risulta più vivace che mai, indice di un impegno
che oltrepassa i problemi di identità e che affronta
le questioni essenziali sul nostro ruolo nel mondo.
C'è un ultimo aspetto da sottolineare
a proposito di questa antologia: il nostro paese è
caratterizzato da forze centripete e da forze centrifughe.
Un ripiegamento su sé stessi che a volte ha trovato
espressione in testi di un nazionalismo sorpassato; ma anche
un'apertura al mondo, all'immagine di Madame de Staël
che nel suo castello di Coppet riunisce - per riprendere
l'espressione di Stendhal - gli Stati generali del pensiero
europeo, che andrà a irradiare le fondamenta della
modernità. Oggi questo spirito di apertura si manifesta
non solo nei racconti dei viaggiatori, tra i più
grandi dei quali figura il ginevrino Nicolas Bouvier, ma
anche nell'idea che ogni scrittura è un'avventura
che trasgredisce i limiti e che, come diceva Ramuz, parte
dal particolare per accedere all'universale.
Roger Francillon
Préface
Le plurilinguisme helvétique
a pour conséquence un multiculturalisme qui se reflète
dans la diversité de nos littératures. Lorsqu'il
s'agit de les présenter, la règle sacro-sainte
consiste à le faire de manière juxtaposée,
comme si chacune des quatre littératures de Suisse
formait une entité indépendante, à
la fois de celle des nations voisines et de celle des autres
régions linguistiques. Certes la Suisse n'est pas
une nation comme les autres, mais au cours de l'histoire,
il s'est créé une mentalité, un esprit
suisse qui a imprégné la manière d'être
et de penser de tous ses citoyens, en dépit des différences
culturelles considérables qui séparent suisses
alémaniques, romands, italophones ou romanches.
Jusqu'à la Révolution
de 1798, la Confédération helvétique
des Treize Cantons était un état monolingue
avec des sujets ou des alliés francophones, italophones
ou grisons. Mais l'espace romand que constituent alors la
république de Genève, la principauté
de Neuchâtel, l'évêché de Bâle
et le Pays de Vaud bernois s'helvétise progressivement
entre le XVIème et le XVIIème siècle
et cette helvétistaion implique une distanciation
par rapport à la France avec laquelle cette région
partage sa langue et sa culture. Se crée du reste
au XVIIIème siècle le mythe d'une Suisse libre
dans ses montagnes, "exempte des troubles qui agitent
le reste du monde", restée proche de la nature
parce que s'abstenant de tout luxe et de toute ostentation
à la française. Ce mythe - qui ne correspondait
absolument pas à la réalité d'un pays
dominé par des oligarchies patriciennes - fut relayé
par les voyageurs après que Rousseau lui eut donné
sa dimension européenne dans sa Lettre
à d'Alembert et dans la
Nouvelle-Héloîse.
Cette image idyllique de la Suisse
est reprise au XIXème par les grands écrivains
romantiques de Goethe à Hugo. A cette époque,
les anciens sujets et alliés sont devenus des cantons
à part entière de la Confédération.
Pour ces nouveaux venus dans le giron helvétique,
il faut à travers la littérature, les arts
ou le discours politique manifester cette appartenance à
un Etat fédéral et conquérir cette
nouvelle identité. En Suisse romande, par exemple,
le Genevois Töpffer, créateur de la bande dessinée,
appelle de ses voeux une peinture nationale et se moque
dans ses nouvelles genevoises
des voyageurs français qui croient avoir découvert
la lune dans les Alpes suisses. Dans la deuxième
moitié du siècle, innombrables sont les romans
populaires ou les pièces de théâtre
qui veulent exalter ce sentiment national.
Au XXème siècle, les
disputes autour de la question d'une identité helvétique
n'ont jamais cessé. Contre un Gonzague de Reynold
qui cherche à définir un esprit suisse, Ramuz
proclame que l'identité ne peut être que cantonale
et il ira même jusqu'à dire, en 1937, en pleine
défense spirituelle de la Suisse, que la seule chose
qui unisse les Suisses entre eux, c'est l'uniforme des postiers.
Même idée à la fin du siècle
lors de l'exposition universelle de Séville avec
le slogan : "la Suisse n'existe pas". et pourtant
les nombreux débats suscités par la position
de la Suisse durant la Seconde guerre mondiale et durant
la Guerre froide témoignent de l'importance que l'image
du pays continue à avoir pour ses citoyens. Si l'on
a passé du bonheur d'être suisse avec Denis
de Rougemont à la honte de l'être avec Jean
Ziegler, on ne reste pas moins tributaire de l'idée
qu'il existe une identité suisse, avec ses qualité
ou ses défauts et qu'en déniant cette identité
on ne fait en somme que la confirmer.
***
Dans leur anthologie de textes suisses
des XIXème et XXèmes siècles, Domenico
Boninin et Rudolph Schürch ont voulu montrer à
la fois des divergences de voix et des accords entre les
diverses littératures de la Suisse. Leur entreprise
est originale et audacieuse : au lieu de juxtaposer des
textes de chaque culture, ils ont tenté de montrer
des ressemblances entre les différents textes choisis.
Comme toujours, dans une anthologie, il est nécessaire
d'écarter des écrivains qui auraient mérité
d'être présents et lorsqu'il s'agit d'auteurs
encore vivants, le choix est encore plus délicat.
Sans prétendre à l'exhaustivité, les
responsables de ce livre ont voulu avant tout mieux marquer
les tendances et faire ainsi apparaître des convergences
entre nos diverses littératures.
Pour prendre une exemple frappant,
il est clair qu'il peut exister une similitude thématique
entre l'oeuvre de Francesco Chiesa et celle de Ramuz. Dans
leurs romans, ils ont donné à leur pays respectif
une expression singulière. Mais alors que le Tessinois
a cherché à exprimer son pays dans une langue
classique, pour ne pas dire académique, le Vaudois
a voulu trouver un style proche de l'oralité, antiacadémique,
et qui l'a longtemps rendu suspect aux yeux des puristes.
Pour rester au XXème siècle,
il est frappant de constater de nombreuses harmoniques entre
nos différentes littératures. Parfois avec
des décalages dans le temps qui s'expliquent par
l'influence que peuvent avoir eu des écrivains traduits
dans les langues des autres parties de la Suisse. Il est
clair par exemple que le prestige international de Max Frisch
ou de Friedrich Dürrenmatt a marqué non seulement
leurs épigones alémaniques comme Otto F. Walter,
Peter Bichsel ou Adolf Muschg, mais aussi des auteurs romands
comme Velan, Chessex ou Voisard, des tessinois comme Giovanni
Orelli ou des romanches comme Theo Candinas. Chez tous ces
écrivains se retrouve une même volonté
de remise en question des structures établies, une
même quête souvent humoristique de la réalité
helvétique, une réflexion sur le destin de
l'homme dans une société qui est la nôtre.
Un autre aspect qui apparaît
à la lecture de cette anthologie : si les Suisses
sont volontiers considérés comme des pédagogues
nés et que les essais et les discours ont une grande
place dans leurs diverses littératures, la poésie
occupe à juste titre dans ce livre une place capitale.
Cela contredit également l'image du Suisse pragmatique
et matérialiste. Il est assurément frappant
de constater que l'un des grands poètes de langue
italienne du XXème siècle est le Tessinois
Giorgio Oreli et que le Vaudois Philippe Jaccottet est considéré
en France comme l'un des poètes les plus importants
de la deuxième moitié du XXème sicle.
On pourrait en dire autant pour Erika Burkart en Suisse
allemande. Ces poètes ont eu des émules dans
leur langue respective et en ce début du XXIème
siècle, la poésie est plus vivante que jamais,
signe d'une quête qui dépasse les problèmes
d'identité et qui pose les questions essentielles
de notre être dans le monde.
Un dernier point à mettre
en évidence à propos de cette anthologie :
notre pays est marqué à la fois par des forces
centripètes et des forces centrifuges. Repli sur
soi qui a pu s'exprimer parfois dans des textes d'un nationalisme
dépassé; mais aussi ouverture sur le monde,
à l'image de Mme de Staël qui, dans son château
de Coppet, réunit selon l'expression de Stendhal
les Etats généraux de la pensée européenne
et qui réfléchit alors sur les fondements
de la modernité. Aujourd'hui cet esprit d'ouverture
se manifeste non seulement dans les récits des voyageurs
dont l'un des grands maîtres est le Genevois Nicolas
Bouvier mais aussi dans l'idée que toute écriture
est une aventure qui transgresse les limites et qui, comme
le pensait Ramuz, part du particulier pour accéder
à l'universel.
Roger Francillon
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Indice |
Prefazione di Roger Francillon
Avvertenza
Introduzione
Anelito preromantico
Gli esordi lirici in lingua
tedesca
Albrecht von Haller
Salomon Gessner
Lo spirito
e la terra
Il cosmopolitismo nella letteratura
romanda
fra sette e ottocento
Isabelle de Charrière
Germaine de Staël
Benjamin Constant
Charles-Victor de Bonstetten
Henri-Frédéric Amiel
Liberi e svizzeri
Scrittori politici di lingua
italiana
Vincenzo Dalberti
Stefano Franscini
Chimere dell'assoluto
Narrativa svizzera tedesca dell'ottocento
Jeremias Gotthelf
Gottfried Keller
Conrad Ferdinand Meyer
Carl Spitteler
Rinascita di
un'identità
La letteratura retoromancia
Giachen Caspar Muoth
Peider Lansel
Idilli lacustri
e montani
Residui ottocenteschi nella
narrativa svizzera italiana
Francesco Chiesa
Angelo Nessi
Giuseppe Zoppi
Tra simbolo
e realtà
La letteratura romanda agli
esordi del novecento
Charles-Ferdinand Ramuz
Gonzague de Reynold
Guy de Pourtalès
Charles-Albert Cingria
Denis de Rougemont
Heimatlose
Narrativa e poesia svizzere
tedesche
d'inizio novecento, fra critica sociale e straniamento
Jakob Bührer
Rudolf Jakob Humm
Kurt Guggenheim
Meinrad Inglin
Ludwig Hohl
Hermann Hesse
Robert Walser
Jakob Schaffner
Friedrich Glauser
Karl Stamm
Basta con
le pannocchie al sole
Poesia e prosa nella Svizzera
italiana dagli anni quaranta
Pino Bernasconi
Felice Menghini
Remo Fasani
Amleto Pedroli
Ugo Canonica
Giorgio Orelli
Felice Filippini
Guido Calgari
Piero Bianconi
Sandro Beretta
Giovanni Bonalumi
Plinio Martini
Retoromanci
della prima generazione novecentesca
Giachen Michel Nay
Gian Fontana
Toni Halter
Gion Desplazes
Jon Semadeni
Hendri Spescha
Echi di un
risveglio
Il novecento in Romandia
Blaise Cendrars
Gustave Roud
Maurice Zermatten
Charles-François Landry
Jacques Mercanton
Corinna Bille
Georges Borgeaud
Maurice Chappaz
Jean-Pierre Monnier
Giochi d'ombre
Avanguardia drammaturgica e
narrativa svizzera tedesca
Max Frisch
Friedrich Dürrenmatt
Retoromanci
della seconda generazione novecentesca
Tista Murk
Cla Biert
Andri Peer
Theo Candinas
Luisa Famos Puenter
Leo Tuor
Strategie
dell'immaginario
Poesia e prosa di fine novecento
nella Svizzera italiana
Grytzko Mascioni
Fabio Pusterla
Enrico Filippini
Giovanni Orelli
Alice Ceresa
Elda Guidinetti
Lirismo
in versi e in prosa nella Romandia
del novecento
Philippe Jaccottet
Jacques Chessex
Ella Maillart
Nicolas Bouvier
Alexandre Voisard
Monique Laederach
Anne-Lise Grobéty
Tendenze recenti
Letteratura svizzera tedesca
del secondo novecento
Erika Burkart
Otto Friedrich Walter
Hugo Loetscher
Paul Nizon
Jürg Federspiel
Eveline Hasler
Adolf Muschg
Peter Bichsel
Gerhard Meier
Jürg Schubiger
Ernst Burren
Gerold Späth
Hermann Burger
Niklaus Meienberg
Franz Hohler
Felix Mettler
Gertrud Leutenegger
Thomas Hürlimann
Nicole Müller
Bibliografia
Elenco delle opere tradotte in italiano
Indice dei nomi
Fonti delle illustrazioni
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Rassegna
stampa |
La naturale molteplicità che
contraddistingue gli svizzeri si rivela una ricchezza di
Voci e Accordi, in cui sono le affinità che vanno
messe a frutto, più che le diversità. Una
rapida scorsa al volume [...] consente di capire che il
radicamento alla patria regionale, le diversità linguistiche
[...] fanno della svizzera un laboratorio interessantissimo
per sondare meglio certe tendenze della Weltliteratur mondiale.
Stefano Salis
Il Sole 24 Ore
21.09.2003
Le
quattro letterature a confronto
"Voci e accordi" di Domenico
Bonini e Rudolf Schürch offre un panorama di testi,
utile ad accertare il nostro stato delle lettere. E se fino
alla prima metà del Novecento il canone è
rispettato, la selezione successiva potrebbe far pensare
ad un microsisma.
[...] " Voci e accordi"
può essere considerato un necessario complemento
di un'altra opera, il " Dizionario delle letterature
svizzere", pubblicato circa un decennio prima per altra
circostanza celebrativa, il 1991, anche se la concezione
e la struttura delle due opere sono sostanzialmente diverse.
Intanto, il " Dizionario", in edizione trilingue,
si propone di offrire una " immagine globale delle
lettere svizzere" ( come si legge nella presentazione)
e raccoglie gli autori dei vari secoli, dalle origini al
Novecento, con schede biobibliografiche, senza il sussidio
dei testi, se non citazioni di poche righe. [...] "
Voci e accordi" fornisce invece un'ampia raccolta antologica
di prosa e di poesia in quanto ogni autore è presente
con un campione rappresentativo, commento e bibliografia.
Non mancano, nel passato, antologie o storie letterarie
elvetiche. Prima del " Dizionario", nel 1964,
presso l'Artemis Verlag era apparsa una raccolta, pure antologica,
ma limitata agli scrittori viventi, dal titolo " Lettere
elvetiche d'oggi" ( in tedesco " Bestand und Versuch").
[...] Nel 1977, la Benziger Verlag pubblica un'antologia,
col solo titolo tedesco, " Schweizer Lyrik des zwanzigsten
Jahrunderts" [...]
" Voci e accordi" su cento
autori, di cui 37 di lingua tedesca, 26 di lingua francese,
14 di area retoromancia, fa spazio a 23 autori di lingua
italiana. Una rappresentanza di tutto rispetto. Altro, certo,
è il discorso sui promossi. E allora si può
dire che fino alla prima metà del Novecento il canone
è del tutto rispettato, nel senso che gli autori
che contano sono ben rappresentati. A partire dai famosi
anni quaranta, la selezione è sub judice, come avviene
di ogni evento artistico o letterario, per il quale il tempo
dovrà pronunciare il suo giudizio.[...]
Amleto Pedroli
Giornale del popolo
26.08.2003
Una difficile indentità
[...] le quattro lingue nazionali,
invece di contribuire a rinfoltire la schiera degli autori,
sembrano, al contarrio, averne favorito la decimazione.
Non soltanto perchè spesso poeti e narratori hanno
cercato fuori dai confini la loro più grande e più
forte patria linguistica [Germania, Francia, Italia] ma
anche perchè il sentimento commune li ha spesso assegnati
d'ufficio a questa o a quella letteratura. [...]
Per contro difficlmente è successo che scrittori
stranieri trasferiti a vivere in uno dei cantoni, sia pure
per lunghissimi anni, siano per questo in qualche modo diventati
svizzeri nel sentire comune. [...]
[...] un Paese plurilingue: culturalmente più ricco
e con più risorse, ma paradossalmente soggetto a
continue sottrazioni. [...]
Chissà che non sia proprio questa una delle ragioni
[...] che ha ispirato l'antologia curata da Domenico Bonini
e Rudolf Schuerch [...]
[...] alla fine nonostante le distanze [...] qualche costante
la si può trovare. Quella per esempio della critica
sociale, che scavalca i tempi, le geografie e le culture.
Isabella
Bossi Fedrigotti
Corriere
della Sera
Cento firme dalla svizzera
Nel 1988, quando venne invitata come
ospite d'onore alla fiera del libro di Francoforte, la Svizzera
si presentò con un vero esercito di quasi centocinquanta
scrittori, o presunti tali, provenienti dalle quattro regioni
linguistiche del paese [...] Un numero [...] quasi imbarazzante,
che ha fornito al mondo intero l'immagine deformata e un
pò grottesca di un paese di cuccagna letteraria,
dove chiunque metta qualcosa nero su bianco trova immediatamente
qualche editore pronto a pubblicarlo e qualche [...] istituzione
pronta a [...] inghirlandarlo con premi, riconoscimenti,
incentivi e non trascurabili somme di denaro.
In realtà la Svizzera è davvero il paese della
cuccagna letteraria, ma per motivi ben diversi. Se si passa
infatti in rassegna la storia della letteratura svizzera,
si nota che la vicina Confederazione Elvetica, che conta
poco più di sei milioni di abitanti, ha prodotto
un considerevole numero di autori di rango mondiale.[...]
Questi autori sono i protagonisti di [...] Voci e Accordi.
La mole del volume rivela a dire il vero una residua persistenza
di quella che si potrebbe ormai definire "sindrome
di Francoforte" [...] anche perchè in alcuni
casi si assiste alla coabitazione forzata (e un pò
ridicola) tra geni assoluti della letteratura e autori di
terzo o quarto rango [...] L'autentico valore del volume
va dunque cercato non tanto nella sua pretesa di completezza[...]
quanto piuttosto nel merito consistente nel portare alla
ribalta gli autori che stanno qualche gradino [...] sotto
i grandissimi e che sono poco tradotti e poco conosciuti
in lingua italiana. [...] Per chi fosse interessato, un
occasione da non perdere.
Mattia Mantovani
La Provincia
20.08.2003
Cultura CH
[...]
L'antologia è stata salutata, per quel che ho visto,
e fin qui, con favore [...]. Il risultato maggiormente sottolineato
è nello sforzo degli autori per mostrare che ci sono
anche affinità, convergenze sostanziose tra gli scrittori
delle quattro letterature « svizzere » . In
altre parole, i due antologisti si distanzierebbero dall'opinione
di Fabio Pusterla per il quale le nostre quattro letterature
ricordano quegli « sconosciuti obbligati dal caso
a condividere una sala d'aspetto o un ascensore »
.
Lasciando allora da parte gli elogi
che, per quanto di buono nel libro c'è, i due autori
si meritano, vorrei sfruttare lo spazio che ho per dire
anche qualcosa su quello che non c'è.
[...]
Perché è assente il nome di uno scrittore
di valore come Romano Amerio? Ciò viene a dire che
non si crede a questa verità formulata da Gianfranco
Contini [...] nel presentare Luigi Einaudi ( un economista!)
nella sua Letteratura dell'Italia unita: « La presenza
di un economista tra i migliori prosatori di questo secolo
vuole richiamare l'attenzione sulla lunghissima e non abbastanza
riconosciuta parte che la scrittura funzionale occupa accanto
alla scrittura autonoma nei valori espressivi contemporanei
» . E per Roberto Longhi ( p. 516) « È
assai importante constatare che molta eccellente prosa contemporanea
non è nata come " arte per l'arte", bensì
come corrispettivo formale d'una ricerca scientifica (...)
» .
Detto questo, fatto il nome di Amerio, e visto che l'Antologia
di Bonini e Schürch si propone, vedi il sottotitolo,
di occuparsi di autori svizzeri dell'Ottocento e del Novecento,
l'elenco degli scrittori della scrittura funzionale estromessi
da questa « nazionale » dei cento... si allungherebbe
di molto: pensare, tra altri, a naturalisti che scrivono
bene come il Calloni, il Lavizzari; pensare a grandi «
mediatori » grigionesi come Johann Caspar Orelli,
lo Scartazzini, il Luzzi...
[...]
Giovanni
Orelli
Azione
22.10.2003
Page créée le:
25.11.03
Dernière mise à jour le 28.11.03
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© "Le Culturactif
Suisse" - "Le Service de Presse Suisse"
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