Michaïl
Chichkine è nato nel 1961 a Mosca; si è
trasferito a Zurigo nel 1995, con la moglie Franziska Stöcklin,
sua traduttrice, poco prima della nascita di un figlio. Ha
ricevuto numerosi riconoscimenti, in particolare il Brooker
Prize russo nel 2000, per il suo romanzo La presa di
Izmail (Vzyatie Izmaila, tradotto in francese nel
2003 da Fayard).
Michaïl Chichkine tra Mosca
e Zurigo
di Marion Graf
Tra La presa di Izmail, fluviale
e visionario, e i suoi due libri sulla Svizzera notiamo una
grande differenza di stile. Quale rapporto hanno, tra loro,
queste diverse parti della sua produzione letteraria?
Sono opere che hanno una diversa ambizione.
In un romanzo come La presa di Izmail la mia intenzione
era di spingere avanti, non fosse che di un minuscolo tratto,
la letteratura; se m'immagino la letteratura mondiale di ogni
tempo come una piramide, il mio sogno sarebbe di posare sulla
cima della piramide un sassolino personale. Quando ho finito
Izmail, mi è sembrato di aver raggiunto questo
scopo, ma ben presto mi sono ritrovato ad essere come una
formica ai piedi della piramide, sapendo che non avevo altro
da fare che ricominciare, nella speranza di far meglio, a
partire da una nuova esperienza di vita. Mi ci sono voluti
otto anni di lavoro per scrivere Izmail. Dopo un lavoro
di così ampio respiro, si ha l'impressione di essere
completamente svuotati, si cade in un buco nero. Il lavoro
più documentaristico che è stato necessario
a Montreux Missolunghi Astopowo mi ha permesso di restare
produttivo, e di sfuggire allo scoraggiamento, alla possibile
paralisi creativa. Avevo notato che i viaggiatori russi non
dicevano niente della Svizzera, che non li interessava veramente,
e la reinventavano a loro guisa; ho allora voluto guardare
più da vicino il paese di mio figlio, capire il mio
rapporto con la Svizzera. Questo libro riflette dunque la
mia scoperta di questo paese.
Al nostro paese lei aveva già
dedicato un primo libro, La Svizzera russa, pubblicato
in versione russa nel 2000 e in traduzione tedesca nel 2003.
Come è nato questo primo dialogo con la Svizzera?
L'idea di quest'altro libro risale
ai mesi appena seguenti il mio arrivo a Zurigo: per un lungo
periodo non sono riuscito a riprendere il lavoro su Izmail,
e per sentirmi meno straniero nel nuovo ambiente, ho cercato
di trovarmi dei compagni, di scoprirvi una parte del mio passato.
Ho scritto questo libro perché avrei voluto poterlo
leggere e ancora non esisteva. Era un modo per trovare il
mio posto qui: ho cercato le tracce di Bunin, Nabokov, Gogol',
Bakunin e di molti artisti, musicisti, intellettuali e terroristi
russi che hanno attraversato, soggiornato o vissuto in Svizzera,
un po' come un provinciale che sbarca nella grande città
e prende contatto con i membri della sua stessa famiglia che
qui hanno fatto fortuna.
Un'altra differenza importante è
la lingua: non vi sarà, ad esempio, un'edizione russa
di Montreux Missolunghi Astopowo; alcune parti sono
infatti state scritte direttamente in tedesco. Lei crede che
non ci siano lettori per un tale libro, in Russia? E può
immaginare di diventare prima o poi uno scrittore bilingue,
come Nabokov?
Se certi passaggi sono stati scritti
direttamente in tedesco, questo dipende dal fatto che in russo
sarebbero state necessarie pagine e pagine di spiegazione,
mentre in tedesco un termine preciso era già sufficiente.
Se mi rivolgessi a un lettorato russo, dovrei riscrivere completamente
il libro; ed è un libro che ho scritto per il mio "io"
svizzero, mentre La Svizzera russa era rivolto al mio
"io" russo. Scrivo tuttavia solo nella mia lingua
materna. E ne ho una sola.
Nel suo grande romanzo, La presa
di Izmail il lettore si trova trascinato in un fiume impetuoso
attraverso lo spazio, il tempo, la realtà e l'immaginario,
i miti e la letteratura. [
] Perché questo titolo,
La presa di Izmail?
Si tratta di un titolo ironico: durante
tutta la nostra infanzia, la conquista da parte di Suvorov
di questa celebre fortezza, nella guerra turco-russa (1790),
ci è stata presentata come una data storica fondamentale
e gloriosa. E' divenuta un simbolo, un mito, un po' come il
"Canto di Igor"; attorno a un simbolo di questa
portata, lo scrittore è libero di amalgamare gli stili,
dal più alto al più basso: Derijavine e molti
altri hanno celebrato questa vittoria. Nel libro si trova
la scena in cui un ragazzino, che sogna di diventare domatore
di circo, addestra i suoi topolini perché prendano
d'assalto "Izmail", una fortezza di cartapesta,
mettendo come esca un po' di formaggio. C'è poi una
battuta del padre del narratore: "Questa vita, Michka,
bisogna prenderla come una fortezza". E l'ultima
fotografia scattata con mio padre, in cui il fotografo ci
fa dire in russo "formaggio", syr, per farci
sorridere. Tout se tient.
Il tema del Giudizio Universale
determina la composizione del romanzo. C'è in questa
scelta una dimensione escatologica? Qual è la sua posizione
riguardo alla religione, che conosce oggi una rinascita spettacolare
in Russia?
Se s'intende la rinascita della chiesa
ortodossa in Russia, allora non sono religioso. Si tratta
di un fatto puramente umano, che riguarda l'aspetto rituale.
La religione ha potuto situarsi come forza antagonista al
regime totalitario, è stata perseguitata nella misura
in cui aveva qualcosa a che fare con Dio, ma oggi è
dominata dalle tendenze scioviniste e antisemite. Detto questo,
la letteratura comincia là dove la religione si ferma.
A patto che non si scriva né per se stessi, né
per il denaro, la scrittura ha a che fare con il sacro. In
questo senso, la letteratura nella sua totalità è
apocrifa, e l'arte è la continuazione della pittura
delle icone. Ho scelto il grande tema del Giudizio perché
il romanzo è una figura mundi: la fine di un
romanzo, con la morte del personaggio principale, è
allora una sorta di Apocalisse. Ne La presa di Izmail,
all'interno di ogni episodio compaiono, trasfigurati i principali
momenti di un giudizio: l'accusa, l'istruttoria, la deposizione
dei testimoni, la difesa, il verdetto. I personaggi sono giudicati,
e con loro anche i giudici, oppure si giudicano da sé.
Ma questo Giudizio Universale è
anche quello della Russia
è tutta la storia della
Russia ad essere evocata nel suo romanzo?
Sì, cito una grande quantità
di documenti storici, di testi di scrittori stranieri sulla
Russia, di proverbi. Ho voluto che anche la Russia comparisse
e venisse giudicata: un libro come questo, non potevo che
scriverlo all'estero. La Russia, ormai, è per me un
insieme di testi su uno scaffale della libreria.
L'intervista completa è pubblicata
in "Feuxcroisés", n.6, 2004, pp. 106-21.
(adattamento italiano: Le Cultur@ctif
Suisse)
Page créée le
05.07.04
Dernière mise à jour le 05.07.04
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