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Giornale del Popolo

  Polifonia letteraria tra le cime (Brigitte Steudler)

Polifonia letteraria tra le cime

Sette scrittori romandi - su invito del Festival Paysages en poésie - raccontano il loro rapporto con la montagna nel libro "Les mots des cimes" (Editions Regards du monde)

Durante l'estate 2004 tre giardini fotografici sono spuntati tra le Alpi Vodesi. Tre scrittori francesi - Pierre Bergounioux, Michel Butor e Jacques Réda - e tre fotografi svizzeri - Hélène Binet, Thomas Flechtner e Balthassar Burkhard - hanno dato forma, ognuno attraverso il proprio linguaggio espressivo e il proprio sguardo sui luoghi prescelti, a una rilettura del paesaggio circostante. Una proposta della manifestazione Paysages en poésie, poi confluita in un magnifico libro di testi e fotografie. Per la stessa occasione, un secondo libro presentava una serie di itinerari culturali nella regione, sotto il titolo Aux lumières du lieu.

Un terzo libro, infine, fresco di stampa, prosegue la riflessione iniziata quest'estate: l'Associazione Regard du monde - che ha promosso il festival - ha chiesto a sette scrittori romandi di comporre una novella o un breve testo in prosa, per raccontare il loro rapporto con il mondo della montagna. E' nato così Les mots des cimes: in un volume dalla grafica raffinata, gli scrittori prescelti ci offrono una polifonia di voci tra le cime; i sette testi sono infatti stati letti, durante una serata pubblica, al Centre Culturel di Gryon e ritrasmessi dalla RSR. A Pierre Starobinski, promotore della manifestazione e dei tre libri, abbiamo chiesto com'è nata quest'iniziativa.

L'associazione "Regards du monde" ha commissionato sette testi ad alcuni tra i più noti scrittori romandi: Corinne Desarzens, Christophe Gallaz, Frédéric Pajak, Daniel Maggetti, Jerôme Meizoz, Yves Rosset e Thomas Bouvier sono così diventati anch'essi artefici di un'iniziativa ambiziosa - Paysages en poésie - che intendeva circostanziare ed analizzare il senso del paesaggio, in uno spazio geografico concreto (le alpi vodesi), attraverso le diverse espressioni artistiche. Avevo infatti l'impressione, confortato in questo dalla lettura di Bachelard, che il rapporto con la natura e il paesaggio fosse una questione di sentimenti individuali, un accumulo di impressioni nel tempo che ci fa vedere l'ambiente circostante attraverso una serie di filtri: l'appartenenza familiare, le radici, gli elementi naturali. Sono inoltre convinto che il linguaggio è un mezzo importante quanto la vista, per guardare il paesaggio. In questo mi ricollego alle teorie di Alain Roger, uno dei grandi teorici paesaggisti.

I sette testi sono stati letti da un gruppo di attori, nel luglio scorso, nel paesaggio a cui erano ispirati. Che cosa rappresenta oggi, per lei, ritrovarli stampati (da uno dei più raffinati tipografi romandi, Jean Genoud) e arricchiti da un acquarello di Edmond Quinche?

Queste sette brevi prose formano, a mio modo di vedere, un compendio riuscito, che racconta una regione attraverso le esperienze personali, la visione dei luoghi e i sentimenti singolari. Ognuno di questi testi ci conduce in un'atmosfera e una musica del linguaggio del tutto particolare e tutti e sette meritavano di essere pubblicati, anche se all'inizio li avevamo commissionati perché venissero soltanto letti e trasmessi dalla radio romanda. Devo dire che per me è molto difficile dissociare testo e immagine: è una mia caratteristica quasi naturale. Dovendo dunque dare un'immagine alla montagna, per il libro, mi sono rivolto a un pittore di cui conoscevo la sensibilità con cui cerca di fissare sul foglio gli elementi della natura - gli alberi, i sentieri, le pietre, l'intrico dei rami - e di cui sognavo, tra l'altro, di fare la conoscenza. E' stato dunque, ancora una volta, in modo quasi istintivo che mi sono rivolto a Edmond Quinche, che ha accettato di arricchire il volume di racconti con un suo acquarello particolarmente raffinato.

Nel primo volume della trilogia editoriale prodotta da Paysages en poésie, lei mette in epigrafe un passaggio di Rodolphe Töpffer che biasima pesantemente l'influsso nefasto degli itinerari turistici sulla libera e spontanea scoperta del paesaggio. Ha l'impressione che attraverso questo festival e i testi prodotti, il suo sguardo su questi luoghi di montagna sia cambiato?

In quella citazione, Töpffer - uno dei grandi scrittori-viaggiatori e disegnatori ginevrini del XIX secolo - critica le guide turistiche e condanna la tendenza ad evitare le scoperte, le "impressioni vive e nuove", perché tutto è svelato in anticipo al viaggiatore. Esclude però dal suo biasimo autori come Ebel, Murray e Joanne, che trovano invece grazia ai suoi occhi. Mi piace sperare che il nostro progetto sarebbe piaciuto a Töpffer: ad ogni modo è l'obiettivo che ci siamo proposti con il gruppo di lavoro che ha concepito il Festival e i libri. Credo che fosse importante completare questo "laboratorio del paesaggio" (Paysages en poésie) con un libro che ricordasse fino a che punto il nostro muoverci nello spazio è anche un viaggio nel tempo. In un'epoca in cui la ragione del viaggiare è dettata dalla vertigine (Caillois), dalla velocità e dal rapido consumo, ci sono valori come la storia, l'architettura, la geologia - la lista potrebbe continuare - che danno forma al paesaggio, al territorio. La valorizzazione del ricordo, il prendere atto della differenza tra epoca ed epoca, tra natura e uomini, è stato l'intento della nostra impresa. E speriamo che il lettore condividerà con noi questo slancio.

(Adattamento italiano LeCultur@ctifSuisse)

L'articolo completo in francese: http://www.culturactif.ch/livredumois/fev05mots.htm


Page créée le 22.02.05
Dernière mise à jour le 22.02.05

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