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Giornale del Popolo

  Tra Jazz e teatro: i monologhi di Probst (François Marin)

Raccolti in volume, nella nuova collana di testi teatrali dell'editore romando Campiche, otto monologhi dell'autore e attore ginevrino Jacques Probst, che coprono un percorso creativo di quasi trent'anni.

Tra Jazz e teatro: i monologhi di Probst

di François Marin*

Dall'anno scorso la Svizzera romanda ha una nuova collana di teatro: dopo la cessata pubblicazione dei libretti del "Théâtre Suisse", promossi dalla Società Svizzera degli Autori, è l'editore Campiche di Orbe ad aver accettato la nuova sfida (sempre con l'appoggio della SSA): questa volta con libri più corposi, che raccolgono le opere di autori già affermati (a cui si affianca una collana di volumi collettivi, per le "nuove scoperte"). Dopo il primo volume, dedicato a René Zahnd, la collana Théâtre en camPoche si arricchisce di due nuovi titoli: uno che presenta le opere di Anne Cuneo (tra cui un magnifico "diario di lavorazione" delle regie scespiriane di Benno Besson) e una raccolta di monologhi di Jacques Probs, attore ginevrino, autore di oltre venti testi teatrali, presentati in Svizzera, Francia e Belgio da registi importanti come Philippe Mentha, Denis Maillefer o Joël Jouanneau.

Questo volume raccoglie solo i monologhi teatrali. Per quale motivo?

Jacques Probst: L'editore Bernard Campiche ha deciso di pubblicare tutta la mia opera teatrale. Sono stato io a proporgli di separare in due volumi la pubblicazione: dapprima i monologhi, indi le pièces con più personaggi (nel volume che vedrà la luce in novembre). Oltre a ragioni finanziarie, in questa scelta v'era anche la mia convinzione che non si dovessero presentare i lavori in ordine cronologico, in modo che ogni volume presentasse uno sguardo d'insieme, dal 1970 a oggi. Perché nel mio percorso vi sono echi e rimandi tra un testo e l'altro ed era importante non disperderli sui due tomi.

Oltre ai monologhi, in questo primo volume troviamo anche qualche vero e proprio testo narrativo (La Maison rose e Quelques notes de jour, quelques notes de nuit)…

Sì, li avevo proposti in lettura a Philippe Morand, il regista e autore che dirige questa collana di teatro. Subito si è detto convinto di doverli inserire nel volume. Gli ho obiettato che non si trattava di testi propriamente teatrali, ma ha insistito, ricordandomi che anche i miei monologhi, volendo, potevano essere letti come piccoli racconti. Sebbene questi testi non siano destinati alla scena, mi è capitato di leggerli in pubblico, su un palcoscenico di teatro, accompagnato da musicisti (come lo scorso 27 agosto, durante il festival Les lectures d'Eustache a Losanna). Il pubblico ha dimostrato un notevole apprezzamento e forse un giorno faremo uno spettacolo più ampio, con altri testi scritti durante lo stesso periodo.

Molti dei suoi monologhi teatrali, Jacques Probst, sono in effetti stati presentati con la presenza in scena di musicisti…

In effetti, scrivendoli, già pensavo di leggerli accompagnato da amici musicisti. Se si escludono Lise l'île o Le Banc de touche, tutti gli altri testi hanno infatti un legame stretto con la musica. In Torito il protagonista è un musicista jazz. Nello scrivere Torito II ho invece lavorato con un gruppo rock (Karl Specht) e con il regista Matthias Langhoff. Anche se personalmente non sono un appassionato di rock: il gruppo era simpatico e mia figlia di 16 anni lo adorava; così ha potuto dire a scuola che il papà aveva un gruppo rock…

Una grande musicalità è anche presente nella sua scrittura, che ha un ritmo, una "respirazione" del tutto particolare. Scrive a ritmo di musica, oppure scandisce ad alta voce un testo, prima di scriverlo?

Lavoro, in effetti, ad alta voce. Una frase, la scrivo quando sento che "suona" in modo giusto. Ma ascolto anche moltissima musica: quando scrivo per tre attori, lo faccio al suono di un trio jazz oppure di musica classica. Sono molto più ispirato dalla musica che dalla letteratura. Anche come attore, se potessi lavorare sempre insieme ai musicisti, sarei davvero felice. Questo perché i musicisti hanno un grande senso del lavoro e con loro non è possibile barare. Lavorano in maniera concreta, senza grandi discussioni… Forse c'è anche una certa frustrazione in me, perché non sono musicista. Con il batterista Pierre Gauthier, ad esempio, con cui ho lavorato a La Lettre de New York, eravamo partiti dall'idea di un quartetto: avevamo il piano, il contrabbasso e la batteria, ci mancava ancora un fiato, sassofono o tromba. Alla fine ci siamo detti che questo ruolo poteva essere quello dell'attore. Quando in un'intervista radiofonica gli hanno chiesto se non fosse troppo duro restare in scena e suonare la batteria per un'ora intera, ha risposto: "State scherzando? E' il miglior sassofonista con cui ho mai suonato!". La sua risposta mi ha molto commosso. Con lui ho anche lavorato a una versione scenica della Prose du transsibérien, il celebre poema di Blaise Cendrars: durante le prove mi faceva ascoltare brani jazz, per farmi capire come il sassofono o la tromba entravano ed uscivano con le loro frasi musicali. La musica, per me, non deve mai essere un accompagnamento; e non credo nemmeno in una sorta di teatro musicale. Concepisco invece i miei spettacoli come veri e propri concerti. E spesso i musicisti, leggendo il testo, mi dicono che la musica è già stata composta.

Come abbiamo visto, molto spesso è stato lei a portare in scena i propri testi. Che effetto fa, allora, quando sono altri attori a farlo?

Ne sono molto felice, trovo sia un'ottima cosa. Mauro Bellucci porterà in scena prossimamente Torito al Théâtre du Grütli di Ginevra, mentre Le Banc de touche, nella versione che ha presentato Raoul Pastor la scorsa stagione mi ha letteralmente stregato: c'era una precisione testuale, ma anche gestuale, il personaggio dell'allenatore era veramente reso alla perfezione. Le Banc de touche era stato inizialmente scritto per la radio; una sera lo ho fatto leggere al direttore del Théâtre de Vidy di Losanna, René Gonzalez: due giorni dopo già mi proponeva di presentarlo al pubblico, per la regia di Joël Jouanneau, con Roger Jendly. Sono state bellissime esperienze.

Adattamento italiano: Le Culturactif

* François Marin è regista teatrale, animatore di una compagnia specializzata nella presentazione di testi letterari. Questa intervista è pubblicata nell'ambito della collaborazione tra il "Giornale del Popolo" e il www.culturactif.ch, versione completa in francese: http://www.culturactif.ch/livredumois/sept05probst.htm#entretien


Page créée le 25.10.05
Dernière mise à jour le 25.10.05

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