"Scriptor francofortiensis sum"
- sono uno scrittore di Francoforte. Così l'io narrante
di Forschungsreise - Il viaggio di ricerca si presenta
telefonando al papa. Nel 1974, data di pubblicazione del romanzo
d'avventura, Urs Widmer, di Basilea, viveva effettivamente
a Francoforte. Ma il latino maccheronico altamente comico
con cui si presenta, si oppone sin dall'inizio a una lettura
autobiografica. Nella scena succitata la confessione si trasforma
in un assurdo gioco di ruoli in una lingua straniera. Nell'opera
di Widmer identità significa sempre la ricerca di quest'ultima.
Anche nei più recenti romanzi a chiave, L'uomo amato
da mia madre (2000) e Il libro del padre (2004),
il narratore varia tra la prima e la terza persona, prendendo
così le distanze da se stesso. I libri di Widmer pullulano
di ruoli dell'io. Si tratta di autori che narrano anche della
loro scrittura e spesso anche del libro che il lettore ha
davanti a sé. Una mise-en-abime che arriva fino al
punto affascinante in cui si legge che il narratore sta cominciando
a scrivere. A quel punto tuttavia, la sua storia conta già
varie pagine. Il ritorno all'inizio manca l'appuntamento con
l'inizio reale. Analogamente in Der blaue Siphon [Il sifone
blu] (1992) non s'incontrano padre e figlio. L'io narrante
affronta un viaggio nel passato, ma non riesce a farsi riconoscere
dal padre, dopo la morte del quale era diventato scrittore,
tanto più che egli stesso come bambino si è
trasferito dal suo passato nel futuro. "Dove sia io"
chiede il padre al figlio senza riconoscere nell'autore adulto
il proprio figlio. E il figlio non capisce la domanda. Dove
dovrebbe esserci lui, il figlio e scrittore, vi sono in ultimo
i testi di Widmer. Nelle loro costruzioni audaci essi superano
in modo geniale e leggero paradossi temporali impossibili,
esponendo in modo ludico e libero le identità scisse
e sospese del narratore.
È certo di parlare ancora
la propria lingua se il testo, come sostiene, passa attraverso
di Lei come attraverso un intermediario?
In letteratura niente è certo.
È questo il suo fascino e il suo pericolo. Da una parte
scrivendo si acquista una specie di professionalità,
ma dall'altra s'inizia ogni nuova opera come un dilettante.
Si ricomincia sempre in un punto nuovo e quindi anche la cosiddetta
melodia propria non è qualcosa di garantito. Essa si
sviluppa proprio come presso quelli che, come Schubert e Mozart,
le melodie le creano veramente. Non ci faccio caso, succede.
Ma la sensazione di possedere una propria melodia, oltre a
definire i limiti che al momento non posso oltrepassare, può
certamente essere una sensazione piacevole. Improvvisamente,
attraverso un lungo processo, nasce qualcosa che sembra inconfondibile.
E ogni essere umano, pur sapendo quanto sia difficile, vorrebbe
essere qualcosa di unico. Questo processo è un piccolo
passo sulla strada verso quest'unicità.
La tensione tra l'Io e l'Egli è
centrale nei suoi cosiddetti romanzi a chiave, "L'uomo
amato da mia madre" e "Il libro del padre".
Il narratore passa dalla prima alla terza persona, cambiando
di prospettiva.
In questi due romanzi - e voglio sottolineare
la parola romanzo, poiché non si tratta di biografie
- ho cercato di mantenere piccolo l'io, ossia il figlio degli
eroi del libro. Primo perché "io" scrive
il libro e secondo perché quest'io, il bambino, gioca
un ruolo per la coppia. E poi ci sono momenti in cui l'io
non ce la fa più a sostenere quest'io e allora lo trasforma
nell'egli. Si tratta di un distanziamento più grande
e mostra anche la tensione emozionale del momento.
Il titolo "Il libro del padre"
è ambiguo. Di chi è questo libro?
Il libro del padre" è,
molto banalmente, ciò che il titolo innanzitutto promette:
un libro in cui il padre è il personaggio principale.
Poi è anche il libro andato perso prima di essere stato
letto, che il padre scrive nel libro, e il figlio scrittore,
ossia io, lo ricostruisce. Si tratta dunque in fondo di una
ricostruzione di ciò che il padre ha già scritto.
E poiché la letteratura è capace di questi giochi
di prestigio, vi sono anche passaggi che citano il libro scomparso
e non letto. Una volta Samuel Moser ha scritto un saggio in
cui riconduce quasi tutto quello che faccio al mio conflitto
con e al mio amore per mio padre. Un saggio molto interessante,
ma credo che esageri un po'. La madre svolge un ruolo altrettanto
dominante. È tuttavia vero che il mio vero padre, che
è diventato il padre reinventato del libro, ha rivestito
per me un ruolo importantissimo. Era un uomo di lettere e
quindi mi porta sulle sue spalle. Senza di lui il mio rapporto
con i libri sarebbe un altro. Non sono infatti un autodidatta,
ma sono cresciuto in un clima letterario.
Adattamento italiano: Le Cultur@ctifSuisse
Pagina originale in francese:
http://www.culturactif.ch/livredumois/avril06widmer.htm
Page créée le 05.05.06
Dernière mise à jour le 05.05.06
|