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Giornale del Popolo

  "Les hommes morts" di Lukas Bärfuss (di Elisabeth Vust)

"Non si può vedere il cuore d'un uomo"
Lukas Bärfuss, "Les hommes morts". Traduit par Bruno Bayen. Mercure de France, 2006.

Il narratore, che possiede la più grande libreria del paese, ha tutto per essere felice, come d'altronde è stato per anni. Poi, ciò che compone questa felicità - famiglia perfetta, impiegata devota, cane fedele - diventa per lui un peso. Fuggendo questa vita "ideale", è travolto da un destino che vorrebbe quasi farne un assassino. Così, quando parte per un'escursione con David, il ragazzo di sua figlia, quest'ultimo muore in circostanze poco chiare. Nessuno prova o ci tiene ad accusare il narratore, che ritorna alla sua vita precedente, formando con il corpo carico di menzogne una corazza attorno alla sua anima.

"Lasciavo la libreria in anticipo rispetto alle abitudini". Questo incipit lancia la narrazione, imprimendogli la sua velocità (fuga), il suo movimento (deviazione). L'universo ineccepibile e senza difetti nel quale vive il narratore gli dà la nausea. Simbolo o sintomo di questa repulsione, egli pensa che il nutrimento lo contamini, l'indebolisca. Ciò che l'ha nutrito fino ad allora gli sembra allora pericoloso, e tale è l'amore di sua moglie: le qualità che rendevano questa donna desiderabile, adesso lo ripugnano. Non vede che una "facile posa" nel "grande amore" ch'ella ha per lui. Ma chi recita in questa storia?

Quest'uomo è preso in una morsa tra i morti (gli uomini) e i viventi (le donne). Suo padre riposa al cimitero, il suo (solo?) amico sarà tumulato, così come il ragazzo di sua figlia. Gli uomini scompaiono e le donne s'insediano attorno a lui: sono ammirabili, inquietanti, voraci, come sua madre, donna di ferro dagli appetiti e dalla freddezza inumani. Il figlio, mostrandosi così impermeabile all'infelicità, marcia sulle tracce materne? Al funerale di David, si freme leggendo: "questo giovane uomo dev'esser stato qualcosa d'importante per loro, se coprono tutte queste spese". Il narratore non è impazzito, ha piuttosto distaccato la presa delle emozioni. Non vuole più essere in relazione né con l'esterno, né col suo mondo interiore, come se qualunque legame fosse una sbarra della prigione dorata da cui tenta di evadere. E, paradossalmente, spera di guadagnarsi la libertà nell'accusa dell'omicidio di David. Invano: non sarà condannato e continuerà a oscillare tra indifferenza e disgusto, stupore. In fondo, nella sua deriva, si ritrova ad aver perso (solamente) l'amore; perdita che non dovrebbe sconvolgerlo più di tanto, se è lui stesso a pensare che "l'amore non gioca nessun ruolo".

Lukas Bärfuss non giudica e non scusa, ma dà una dimensione tragica al suo velleitario eroe. Questo romanzo ha una sobrietà elettrizzante, una forza singolare. Senza psicologia, ma pieno d'acuità, può essere accostato a Lo straniero di Camus. Al momento della pubblicazione tedesca nel 2002, Beat Mazenauer relativizzava questa vicinanza, sottolineando che il narratore di Bärfuss non è - come Meursault - fondamentalmente straniero al mondo: è un borghese la cui indifferenza procede dal mimetismo letterario. E il suo disgusto sarebbe una maschera che nasconde tutt'al più l'intransigenza.In definitiva, quest'uomo non ha per fratello né Meursault né Roquintin, l'altro celebre eroe esistenzialista de La Nausea di Sartre. È al passo coi tempi: né molto impegnato, né molto presente.

Elisabeth Vust
(Traduzione: Yari Bernasconi)

Articolo originale (in francese): http://www.culturactif.ch/livredumois/mai06barfuss.htm
Articolo di Beat Manzenauer (in tedesco): http://www.culturactif.ch/livredumois/septembre2002baerfuss.htm


Page créée le 13.06.06
Dernière mise à jour le 13.06.06

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