"Non si può vedere il
cuore d'un uomo"
Lukas Bärfuss, "Les
hommes morts". Traduit par Bruno Bayen. Mercure de France,
2006.
Il narratore, che possiede la più
grande libreria del paese, ha tutto per essere felice, come
d'altronde è stato per anni. Poi, ciò che compone
questa felicità - famiglia perfetta, impiegata devota,
cane fedele - diventa per lui un peso. Fuggendo questa vita
"ideale", è travolto da un destino che vorrebbe
quasi farne un assassino. Così, quando parte per un'escursione
con David, il ragazzo di sua figlia, quest'ultimo muore in
circostanze poco chiare. Nessuno prova o ci tiene ad accusare
il narratore, che ritorna alla sua vita precedente, formando
con il corpo carico di menzogne una corazza attorno alla sua
anima.
"Lasciavo la libreria in anticipo
rispetto alle abitudini". Questo incipit lancia la narrazione,
imprimendogli la sua velocità (fuga), il suo movimento
(deviazione). L'universo ineccepibile e senza difetti nel
quale vive il narratore gli dà la nausea. Simbolo o
sintomo di questa repulsione, egli pensa che il nutrimento
lo contamini, l'indebolisca. Ciò che l'ha nutrito fino
ad allora gli sembra allora pericoloso, e tale è l'amore
di sua moglie: le qualità che rendevano questa donna
desiderabile, adesso lo ripugnano. Non vede che una "facile
posa" nel "grande amore" ch'ella ha per lui.
Ma chi recita in questa storia?
Quest'uomo è preso in una morsa
tra i morti (gli uomini) e i viventi (le donne). Suo padre
riposa al cimitero, il suo (solo?) amico sarà tumulato,
così come il ragazzo di sua figlia. Gli uomini scompaiono
e le donne s'insediano attorno a lui: sono ammirabili, inquietanti,
voraci, come sua madre, donna di ferro dagli appetiti e dalla
freddezza inumani. Il figlio, mostrandosi così impermeabile
all'infelicità, marcia sulle tracce materne? Al funerale
di David, si freme leggendo: "questo giovane uomo dev'esser
stato qualcosa d'importante per loro, se coprono tutte queste
spese". Il narratore non è impazzito, ha piuttosto
distaccato la presa delle emozioni. Non vuole più essere
in relazione né con l'esterno, né col suo mondo
interiore, come se qualunque legame fosse una sbarra della
prigione dorata da cui tenta di evadere. E, paradossalmente,
spera di guadagnarsi la libertà nell'accusa dell'omicidio
di David. Invano: non sarà condannato e continuerà
a oscillare tra indifferenza e disgusto, stupore. In fondo,
nella sua deriva, si ritrova ad aver perso (solamente) l'amore;
perdita che non dovrebbe sconvolgerlo più di tanto,
se è lui stesso a pensare che "l'amore non gioca
nessun ruolo".
Lukas Bärfuss non giudica e non
scusa, ma dà una dimensione tragica al suo velleitario
eroe. Questo romanzo ha una sobrietà elettrizzante,
una forza singolare. Senza psicologia, ma pieno d'acuità,
può essere accostato a Lo straniero di Camus. Al momento
della pubblicazione tedesca nel 2002, Beat Mazenauer relativizzava
questa vicinanza, sottolineando che il narratore di Bärfuss
non è - come Meursault - fondamentalmente straniero
al mondo: è un borghese la cui indifferenza procede
dal mimetismo letterario. E il suo disgusto sarebbe una maschera
che nasconde tutt'al più l'intransigenza.In definitiva,
quest'uomo non ha per fratello né Meursault né
Roquintin, l'altro celebre eroe esistenzialista de La Nausea
di Sartre. È al passo coi tempi: né molto impegnato,
né molto presente.
Elisabeth Vust
(Traduzione: Yari Bernasconi)
Articolo originale (in francese):
http://www.culturactif.ch/livredumois/mai06barfuss.htm
Articolo di Beat Manzenauer
(in tedesco): http://www.culturactif.ch/livredumois/septembre2002baerfuss.htm
Page créée le 13.06.06
Dernière mise à jour le 13.06.06
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