|  Dialetto, lingua 
                  e letteratura nella prosa di Filippini  
                  
                   La ristampa annunciata delle due maggiori 
                    opere narrative di Felice Filippini è innanzitutto 
                    motivo di soddisfazione per gli interessati che da lungo tempo 
                    desideravano acquisirle alla propria biblioteca personale; 
                    ma è anche occasione ed invito a tornare alla prosa 
                    di questo notevole artista, dotato di un'energia di rappresentazione 
                    e di un agio di scrittura certo non comuni nel piccolo mondo 
                    letterario della Svizzera italiana. Tanto più che la 
                    sua attività di autore creativo, presto surrogata dall'esercizio 
                    quasi esclusivo della pittura, si concentra nello stretto 
                    giro di anni che vanno dalla revelazione del Signore dei poveri 
                    morti (Bellinzona 1943) alla sua ristampa italiana (Firenze 
                    1955). Tra queste due date si colloca, tra altre prove più 
                    brevi, la composizione e pubblicazione della sua prosa d'invenzione 
                    di gran lunga più impegnativa, il copiosissimo Ragno 
                    di sera, che ritrae una piccola comunità paesana nel 
                    momento traumatico di un cataclisma naturalementre il romanzo 
                    d'esordio era costruito attorno al trauma individuale di una 
                    morte infantile accidentale, biograficamente esperito dall'autore. 
                  La scrittura di Filippini ha anche 
                    una fisionomia linguistica molto ben individuata e riconoscibile, 
                    in quanto fortemente influenzata dall'ambiente dialettofono 
                    in cui egli è cresciuto e in cui fa muovere i personaggi 
                    e le vicende narrate. Non però il parlato che, per 
                    fare l'esempio attuale di un'autrice di successo come Laura 
                    Pariani, irrompe tale e quale sulla pagina anche nella forma 
                    originale, ma un dialetto sistematicamente travestito in lingua, 
                    da ricostruire in base al calco e ai suoi adattamenti, Né 
                    il riconoscimento è sempre agevole, se per un termine 
                    come arricciato (Nel Ragno di sera) sarà necessario 
                    scavalcare l'omografo di senso magari contiguo ma diverso, 
                    per raggiungere l'arisciada o risciada dialettale, che significa 
                    propriamente "acciottolato". In Filippini, la materia 
                    verbale, pur globalmente ammantata di italianno, rimane cioè 
                    ancorata al parlato più terragno, tanto da far esclamare 
                    ai lettori di oltre confine dell'epoca. "Ma che italiano 
                    scrive quest'uomo!". A un nativo della nostra terra, 
                    invece, per quanto coperti dai colori della lingua, i contorni 
                    della sinopia dialettale balzano all'occhio sin dalle primissime 
                    battute del primo romanzo con tratti assolutamente motivati: 
                    È ben qui... che abita Ilario Dellamonica di Pietro 
                    ? chiede lo scultore Battista alla famiglia riunita in casa 
                    dopo cena, riprendendo con struttura appena sfumata il ticinesismo 
                    e lombardismo comune "L'è be' chi che..." 
                    ; e poco dopo, il bocca alla madre : ce n'è ancora 
                    così del tempo (poi corretto, sopprimendo così), 
                    che ricalca il modulo nostrano, pure assai diffuso : gh'è 
                    n'è ancamò iscì... e ancora, sempre nella 
                    pronuncia della madre : devo vederne ancora di cose ("devi 
                    vedenn ancamò da ropp!"). Ma la riposta filigrana 
                    del dialetto traspare, si può dire, ad ogni riga e 
                    pagina, a cominciare dalle sue forme più caratteristiche 
                    ed esposte: si pensi alla giunzione di verbo + avverbio con 
                    l'eventuale aggiunta di preposizioni, a cui la lingua popolare 
                    ricorre frequentissimamente per sopperire alla propria congenita 
                    povertà in certi settori del lessico, oppure per riprodurre 
                    analogicamente un modulo già cristallizzato. Nella 
                    scrittura narrativa di Filippini, questo tipo di formazione 
                    coincide spesso con espressioni chiaramente indiziate : avanzar 
                    fuori o avanzar su per "sporgere", far venir su 
                    l'anima a gnocchetti per "irritare", "creare 
                    disagio" o persino "torturare psicologicamente"; 
                    farlo saltar fuori per "ritrovarlo"; camminavano 
                    per in giù per "scendevano". Una realizzazione 
                    estrema di questo fenomeno è nell'espressione rivolta 
                    a Battista dallo stesso padrone di casa, Ilario: una qualche 
                    donna giù di lì per Lugano, poi ridimensionata, 
                    perché già sufficientemente marcata, in una 
                    qualche donna giù per Lugano: traduzione adattamento 
                    del modulo pesantemente dialettale "ona quai dona, gió 
                    [da lì] par Lugan". Sono procedure di ricalco 
                    che ricordano assai da vicino certi passi memorabili dei Promessi 
                    sposi, a cui il maggior filologo di questo secolo, Gianfranco 
                    Contini, ha felicemente applicato la formula di "parole 
                    vestite di cenci fiorentini e impastate di sostanza lombarda": 
                    e l'esempio paradigmatico è nella frase La c'è 
                    la Provvidenza che è sì un "toscanismo" 
                    segnalato, ma anche contemporanea rappresentazione del modo 
                    ben lombardo la gh'è. In Manzoni, s'intende, la colorazione 
                    vernacolare non è mai particolarmente sgargiante, mentre 
                    il realismo violento di Filippini si muove entro una pasta 
                    linguistica che ammette anche l'idiotismo più smaccato 
                    e gergale, secondo una proporzione e una distribuzione mirate. 
                    Di fatto, queste variabilità d'uso sono quasi sempre 
                    funzione del personaggio a cui il narratore cede la parola, 
                    perché, come ha insegnato Pier Vincenzo Mengaldo nello 
                    studio recente sul Nievo narratore, in un testo creativo il 
                    problema della lingua è anche - e a volte soprattutto 
                    - un problema di "voce". In Filippini, la distribuzione 
                    dei dialettalismi più evidenti avviene secondo una 
                    gerarchia che si chiarisce ulteriormente, ponendo in relazione 
                    il parlato con lo statuto dei singoli personaggi, oltre che 
                    con la lingua del narratore. Schematicamente : dal punto di 
                    vista qualitativo, nel Signore si dà molto più 
                    dialetto nel discorso del padre e in quello di Battista e 
                    dei suoi amici, meno, e sia pure con alcuni notevoli scarti, 
                    in quello della madre e del protagonista, narrato e narratore, 
                    Marcellino, Nel Ragno, invece, la diffusa dialettalità 
                    del dettato andrà collegata anche all'uso del discorso 
                    indiretto libero. È una fenomenologia governata dalle 
                    esigenze della rappresentazione artistica, a illustrare le 
                    quali serve porsi sull'osservatorio privilegiato delle correzioni 
                    apportate dall'autore sulle stampe successive dei propri scritti, 
                    da cui è possibile ricavare un quadro piuttosto eloquente. 
                    Va infatti ricordato che, da un'edizione all'altra dei propri 
                    romanzi, parziale o totale che fosse, l'autore è andato 
                    ritoccandone il dettato, di modo che tra la prima, seconda 
                    e ultima versione corrono spesso differenze molto sensibili. 
                    Il confronto è già stato parzialmente operato 
                    e fatto oggetto di riflessione alcuni anni fa, da parte di 
                    Giovanni Bonalumi, in margine al lungo saggio sulla struttura 
                    e scrittura del primo libro di Filippini. Il critico vi aveva 
                    rilevato "una sessantina almeno di interventi" e, 
                    una volta passati al vaglio quelli che gli erano parsi più 
                    significativi - meno di venti - ne aveva concluso (ma sono 
                    osservazioni rapide, relegate in una nota) che ben pochi di 
                    essi apparivano esteticamente motivati. Allo stesso modo, 
                    Guido Calgari, molti anni prima, aveva preso in considerazione 
                    la lingua del Ragno di sera in una stesura provvisoria, stilando 
                    un nutrito "drappello" di quelli che egli considerava 
                    tratti tipici filippiniani, senza però preoccuparsi 
                    di riscontrarlo con la versione andata a stampa del frattempo, 
                    né di vagliare la distribuzione dei dialettalismi rispetto 
                    alle voci dei personaggi o del narratore. E, anche in quel 
                    caso, il bilancio era stato più giudicativo che giustificativo 
                    dell'impiego di determinati arfitici entro la colata verbale 
                    del lunghissimo romanzo. Oggi, disponendo di un materiale 
                    esaustivo per tutte le stampe, siamo in grado di appoggiare 
                    le valutazioni puntuali alla realtà e all'effettiva 
                    dinamica del testo e prospettare le diverse possibilità 
                    di uso - confermate proprio anche dalle correzione d'autore 
                    -, a seconda dell'impiego che lo scrittore fa del mezzo linguistico 
                    per soddisfare esigenze estetiche, oppure meramente strumentali. 
                    Qui potremo darne soltanto un'illustrazione rapsodica. Intanto, 
                    si danno correzioni puntuali e sistematiche che interessano 
                    le preposizioni articolate (colle diventa con le ; colla > 
                    con la), oppure il tipo riescire, ritoccato in riuscire (così 
                    come cotidiana > quotidiana, traverso > attraverso) 
                    e che documentano il passaggio da paradigmi scolastici conservativi 
                    molto resistenti in una zona periferica come il Ticino, almeno 
                    fino alla fine della guerra, a una veste più moderna. 
                    In secondo luogo, i regionalismi che nella ristampa fiorentina 
                    del Signore, destinata a una circolazione più ampia, 
                    rischiavano di non essere capiti in Italia, o fraintesi, sono 
                    stati sostituiti con termini maggiormente generalizzati : 
                    un uomo vestito in civile diventa in borghese, cinquantino 
                    (foglio da cinquanta), cricchiare (scricchiolare); l'elvetismo 
                    giorgetto, invece, può essere conservato in quanto 
                    spiegato nel corpo stesso del testo: Cos'è il "giorgetto", 
                    Baciccia ? - chiese questi all'uomo. - Lo schioppo, Ninetto 
                    ! - rispose quello, - e lo zaino, e i pacchetti dell'amante 
                    o della mamma. D'altra parte, evidenti ragioni mimetiche portano 
                    l'autore a mantenere nel discorso diretto certe espressioni 
                    che per un non dialettofono continuano a suonare quando meno 
                    ambigue : tutto il movimento, tutto il bazar; per esprimere 
                    un "tutto" iperbolizzato, oppure le baracche per 
                    "Le cianfrusaglie", socio per "amico" 
                    e segare l'erba per "falciare". Rarissimo il dialettalismo 
                    crudo, alla Gadda: abbiamo trovato soltanto cala per "spazzaneve" 
                    al posto, eventualmente, di "calla" (che è 
                    ticinesismo di uso burocratico), mentre galuppo ricalca adattandola 
                    la forma originaria di galupp "ragazzone", registrato 
                    anche nel lessico di Arbedo di Vittore Pellandini. Analogamente 
                    adattati a partire dalla più schietta matrice dialettale 
                    e persistenti sono besenfio ("gonfio"), soturno 
                    ("taciturno, cupo, malinconico") e modi di dire 
                    pure molto caratteristici, del tipo fuori per settimana ("durante 
                    la settimana"). Per il Ragno di sera, Calgari aveva registrato 
                    casi ancora più flagranti: braccia piene di gnocchi 
                    ("contusioni") o far figura di ballabiotti ("mascalzoni"). 
                    Meno vistosamente ma significativamente, ancora nel Signore 
                    : a sottoprezzo, parallelo al diffusissimo "a gratis" 
                    dovuto a fraintendimento, viene raddrizzato facilmente dal 
                    Filippini revisore di sé stesso, sopprimendo la preposizione; 
                    allo stesso modo, a carponi è regolarizzato in carponi, 
                    poco a poco, in a poco a poco. Tuttavia, dalle profondità 
                    più riposte del sistema continuano ad emergere tratti 
                    distintivi dei più notevoli. Il dialetto, come è 
                    noto, è anche "lingua della realtà" 
                    e le sue strutture, quando pur dispongano di alternative, 
                    rifuggono tendenzialmente dalle formulazioni astratte, preferendo 
                    quelle che pongano in primo piano l'elemento concreto, o che 
                    siano di uso più corrente. Perciò (ma sono soltanto 
                    pochi esempi): di sabbia, piuttosto che sabbioso; di musica 
                    piuttosto che musicale, da morto piuttosto che mortuario, 
                    in vergogna piuttosto che vergognoso. Per questi casi precisi, 
                    l'autore, dopo aver primitivamente e spontaneamente messo 
                    la forma più vicina alla parlata locale, ne ha poi 
                    ritoccato l'assetto nella direzione opposta: oggi, in sostituzione 
                    delle forme perifrastiche leggiamo precisamente, anche se 
                    non proprio sistematicamente sabbioso, musicale, mortuario 
                    e vergognoso. I ritocchi nelll'uso del participio in funzione 
                    avverbiale confermano pure questa tendenza: si avvicinò 
                    alla stufa goffamente era stato formulato in un primo tempo 
                    si avvicinò alla stufa goffo, che è un modo 
                    tipicamente "dialettale" per sottrarsi all'astrattezza 
                    dell'avverbio in-mente, poi riassorbito nel sistema della 
                    versione definitiva; per lo stesso motivo, averne abbastanza 
                    ho potuto scriversi, all'origine, nella forma più "ticinese" 
                    averne a basta. 
                  Sulla base di questi pochi esempi, 
                    abbiamo inteso dare un ritratto organico della tavolozza verbale 
                    di Felice Filipini: certi che, anche al di là del loro 
                    significato puntuale e delle dinamiche estetiche che le governano, 
                    le correzioni dell'autore illustrano con didattica evidenza 
                    anche molti caratteri profondamente iscritti nella coscienza 
                    linguistica di noi ticinesi. 
                  Guido Pedrojetta, Università 
                    di Friburgo 
                      
                    29.01.00 
                    
                  Page créée 
                    le 01.08.98 
                    Dernière mise à jour le 12.09.05 
                    
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