Invité par notre rédaction à écrire
sur ce livre, Alberto Roncaccia, de l'Université
de Lausanne, nous a envoyé un article très
pointu et très passionnant. Nous vous en proposons
la version originale italienne, ainsi qu'une traduction
très légèrement abrégée
et adaptée en français.
Italiano - Français
Italiano
Appunti per rileggere il primo
Orelli
Il volumetto antologico approntato
da Christian Viredaz ci permette di riattraversare agilmente
la prima produzione in versi di Giorgio Orelli, ancora oggi
l'unico scrittore svizzero di lingua italiana a godere di
pieno diritto di cittadinanza tra i poeti "ufficiali"
del secondo Novecento italiano. Ne è prova, ad esempio,
la "naturale" inclusione nella antologia Poeti
italiani 1945-1995, curata da Cucchi e Giovanardi nel
1996 per i "Meridiani" Mondadori. Significativa
è anche la sua presenza all'interno della scelta
critica di Giancarlo Majorino (Poesie e realtà
1945-2000, Milano, M. Tropea, 2000), che apprezza Orelli
nella doppia veste di critico letterario e di poeta in cui
"la narrazione in versi segue un andamento vario e
pozze liriche o epigrammatiche impediscono confusioni con
la prosa" (ivi, p. 244). Si aggiunga la ancor più
recente antologia Dopo la lirica. Poeti italiani 1960-2000,
a cura di E. Testa, Torino, Einaudi, 2005.
In queste antologie è soprattutto la "maturità"
dell'Orelli degli anni '70-'80 ad essere valorizzata, in
chiave di moderato plurilinguismo, di poesia-racconto, di
vita vissuta, di versi lunghi, di impegno civile. Resta
invece nel retrobottega antologico il primo Orelli, adepto
di misure metriche ridotte, o che comunque non sforano mai
il preferito e dolceloquente endecasillabo.Pascolianamente
racchiuso, secondo il titolo della raccolta del 1960, "nel
cerchio familiare" delle piccole cose e degli stupori
privati, il poeta intarsia costantemente riferimenti dotti,
alla maniera di Montale, rinvii citazionali a testi della
tradizione poetica italiana antica e moderna.
Il titolo dato dal curatore-traduttore, Poèmes
de jeunesse, rischia perciò di farsi portavoce
di una implicita valenza critica, ipotecata dal senno di
poi, ma in realtà non obbligatoria rispetto alla
semplice delimitazione cronologica. Se riletti in senso
"giovanile", i versi preannunciano però
gli orientamenti "maturi" a partire dalle raccolte
del 1960 e del 1962, quando il verso si fa più lungo,
il lessico più vario e ricco di scarti nel linguaggio
meno convenzionalmente poetico, il registro più mobile
ed ironico. Acquisiti i meriti di tale percorso evolutivo,
si può prendere spunto per non subire lo svolgimento
interno come presa d'atto scontata, ridiscutendo l'interpretazione
complessiva della poetica orelliana. Coerenza o incoerenza?
Superamento o abbandono? Continuità o discontinuità?
La risposta è lungi dall'esser pronta nel cassetto.
Possono essere prodotte, però, alcune considerazioni
a margine.
Nei versi di giovinezza, notiamo, Orelli è poeta
che aspira a porsi come un classico, sotto un cielo fuori
dal tempo, segnato da un profondo antistoricismo, o, per
dir meglio, da un pacatissimo astoricismo. La predilezione
per le cose, con o senza l'etichetta di "linea lombarda"
fornita da Anceschi, è predilezione per un'oggettività
che materializza percezioni e manifestazioni sensoriali,
non necessariamente correlate ad allegorizzazioni intellettuali.
Il confronto con il mondo è tendenzialmente fiducioso,
cioè razionale, mentre il raggiungimento di una stilizzata
impassibilità ha il potere, narcotico o incantatorio,
di presentare un io in qualche modo sempre rassicurato.
Il raffronto montaliano, in questo senso, aiuta a rimarcare
l'originalità di un atteggiamento contenutisticamente
non inquieto, retoricamente non ragionativo, non esattamente
compatibile con il Montale degli Ossi (1925) e delle
Occasioni (1939), più emulato che imitato.
Ricordiamo, inoltre, che l'esordio di Orelli nel 1944 è
patrocinato da Gianfranco Contini, critico montaliano per
elezione. Il materiale tematico e metrico-retorico delle
prime due raccolte di Montale è in questi versi come
"riusato", ma secondo modalità di attenuazione
dei contrasti, lasciando che l'esigenza un po' parnassiana
di perfezione formale prevalga sull'insistenza semantica
del dissidio, del non essere, dell'andare oltre, del "malcerto",
dell'"unghia ai vetri". Si veda, ad esempio, l'assolutezza
orelliana del "perfetto ovale" veneziano di Rio
del Paradiso, sullo sfondo della medusificazione preziosa
dell'"acqua assorta del canale", distolta da ogni
mutevolezza eraclitea e arrestata fotograficamente dall'occhio
dell'io. Per questo nell'epigramma la "luce" è
abilmente "persuasa" (non del tutto reso in traduzione
da "resignée"), per questo docilmente "indora"
(a differenza, in particolare, del "s'indora"
montaliano dell'ottavo dei Mottetti, contestualmente
molto più inquieto):
Rio del Paradiso:
s'è posata una luce sul tuo viso,
come persuasa indora
i panni stesi ad asciugare, scende
nell'acqua assorta del canale.
Ma dove sei, che ancora
t'affacci e celi entro il perfetto ovale?
(p. 74)
|
Rio
del Paradiso:
une lumière s'est posée sur ton visage,
comme résignée, dore
le linge étendu pour sécher, descend
sur l'eau pensive du canal.
Mais où es-tu, toi qui encore
te penches et te caches dans le parfait ovale? |
Nei versi, l'effetto di arresto dell'immagine
è favorito dalla testura delle rime, fonicamente
fluide ed estremamente discrete, ma in grado di fornire
il collante fondamentale del senso, concentrato sull'idea
dell'istantaneità intemporale di "una luce"
che delicatamente, senza traumi chiaroscurali, si è
"posata". Il verso centrale, che sembra trasgredire
lo schema prescelto, recupera e riassume su di sé
le sonorità circostanti, tracciando il confine lineare
della disposizione en abyme dell'"ovale"
più propriamente metrico. Le "luce", in
particolare, è forse la chiave privilegiata per ripensare
l'insieme della poesia orelliana, una "luce" che
si pone come medium semantico tra io e realtà,
accompagnando la diligente variazione di pochissimi temi
prediletti. Non è difficile ritrovare la costante
di questa luminosità diffusa nelle poesie giovanili
selezionate da Viredaz. Si vedano i seguenti versi da Prima
dell'anno nuovo (1952):
Tutto il grigio all'altezza dei colombi,
tutto il verde che scorre fino al grigio:
un sole, basterà che il sole
li riaccenda.
Io
sono in una gola
d'ombra. Tu sei lassù.
(p. 92)
|
Tout ce gris à
la hauteur des colombes,
tout ce vert qui s'écoule jusqu'au gris:
un soleil, oui, il suffira que le soleil
les rallume.
Je
suis dans une gorge
d'ombre. Tu es là-haut. |
Qui l'io si oppone alla luce
distanziandosene sotto forma di luogo non illuminato, di
cavità "d'ombra", ma anche sotto forma
di polarità alto-basso, io-tu. L'aspirazione montaliana
all'epifania è facilmente riconoscibile nella diffusa
presenza di esseri alati, qui i "colombi", e nel
caratteristico tu allocutivo. L'opposizione tende
tuttavia ad attenuarsi, oltre che per una certa cantabilità,
grazie a precisi elementi semantici e sintattici. Innanzi
tutto il futuro a valore concessivo "basterà",
che introduce una nozione di attesa fiduciosa dell'evento
desiderato, ma che aggiunge anche una tonalità colloquiale,
esaltata dalla funzione di reggenza grammaticale della proposizione
nominale immediatamente precedente, "un sole",
spavaldamente ellittica di verbo, al punto di richiedere
una integrazione di senso alla traduzione francese, che
scommette giustamente sul tono colloquiale. Anche l'apparizione
del tu sembra volutamente depotenziata, quantomeno per la
linearità enunciativa dell'explicit. Eppure il "Tu"
risulta decisivo per la comprensione fonosimbolica del testo,
che lo pronuncia e riecheggia nell'anafora dei primi due
versi: "Tutto [
] / tutto". Elemento che,
seppure non irreparabilmente, si perde nella traduzione
francese. Allo stesso tempo, tuttavia, il rapporto di separazione
io-tu non risulta particolarmente sofferto, giacché
l'enunciazione doppia e simmetrica del finale esprime una
condizione di stabilità, di bilanciamento, di equilibrio
raggiunto. I versi conclusivi vanno riletti a fronte della
montaliana Cigola la carrucola nel pozzo, che in
un percorso di rime più aspre, si chiudeva evocando
un "atro fondo" e l'irreparabilità di "una
distanza che ci divide". Centrale e risolutivo, nell'epigramma
di Orelli, il verbo "basterà", è
anche in rima interna con l'ultimo verso e stabilisce un
complesso intreccio di assonanze e consonanze con la frasetta
finale. Il tu, secondo tale strategia, è solidamente
ancorato all'esistenza e alla luce, deconnotato definitivamente
dall'oscurità, dalla solitudine, dalla negatività
del non sapere e del non ricordare emblematici di Montale
(ben concentrati, ad esempio, nella Casa dei doganieri).
Orelli, nella personale ricerca di perfezione costruttiva
e di equilibrio tematico tende a sdrammatizzare il senso
e l'interrogazione del senso, per contro insistita e irrisolta
in Montale. Indicatori montaliani, a riprova del continuo
referente di queste poesie giovanili, affiorano dal bestiario
orelliano: il ramarro, lo scoiattolo, la farfalla, o altre
varie figure alate, e più di ogni altra il falco
di Sogno (p. 24). L'esercizio citazionale e l'operosa desublimazione
dello stile lirico del maestro ci sembrano da cogliere come
dato decisivo. Dato che può spiegare meglio i termini
della continuità tra prima e seconda poesia orellina,
rendendone comprensibile il comune "discorso".
È noto come alla medesima desublimazione Montale,
tenendo le proprie vie, arriverà più tardi,
e paradossalmente, va detto, in "ritardo" su Orelli.
Altro tratto montaliano, già nella raccolta d'esordio,
è nell'uso del passato remoto, evidente in Sogno,
poesia, come si è detto, già contrassegnata
dal sicuro indicatore intertestuale del "falco":
Depose gli indumenti dentro il cavo
di una pietra. Di neve li coperse.
Rise. Poi si tuffò.
Era l'ombra del falco un ghirigoro
sul verde lago liscio.
(p. 24)
|
Il déposa ses
vêtement dans le creux
d'une pierre. Les recouvrit de neige.
Il rit. Puis il plongea.
Et l'ombre du faucon était un gribouillis
sur le lac vert et lisse. |
Il movimento prosastico-narrativo
riferisce di un rapporto di immersione sensoriale nelle
cose, allinea una serie di "azioni" puntuali e
dinamiche date dai quattro verbi (depose-coperse-rise-si
tuffò). Poi dai verbi d'azione si passa all'imperfetto
durativo del penultimo verso, che crea un effetto di sospesa
immobilità, fissando anche il volo del "falco"
nell'immagine del "ghirigoro" che si disegna sull'inincrespata
acqua del lago. Ci si potrebbe chiedere se il poeta-critico,
al di là del primo livello di lettura, in prima approssimazione
descrittivo, non prenda posizione in senso propriamente
metapoetico nei confronti del sublime montaliano del "falco
alto levato", introdotto ugualmente dall'imperfetto
"era" in Spesso il male di vivere ho incontrato.
Il "ghirigoro" è fortemente riduttivo,
ma è anche recupero metrico-tematico di una tonalità
epigrammatica delle Occasioni, espressa dal sinonimo
"sgorbiature". Si tratta del componimento Alla
maniera di Filippo de Pisis, il cui penultimo verso,
"Poi discendono là, fra sgorbiature", coincide
per gli accenti di 3a e 6a posizione con l'endecasillabo
orelliano: "Era l'ombra del falco un ghirigoro".
Oltre che ad un abbassamento moderato di registro linguistico,
il "ghirigoro" è soprattutto immagine di
un atto di scrittura, tracciato su una superficie liscia.
È evidente come Orelli riscriva Montale, offrendone
una rilettura critica. Per l'attacco al passato remoto e
per il referente tematico del riso e della superfice liquida
infranta, il testo riprende, in particolare, il giovane
Montale di Vasca. Basti rileggere la chiusa orelliana
"sul verde lago liscio", successiva al "Rise.
Poi si tuffò.", in relazione ai versi montaliani:
"Passò sul tremulo vetro / un riso di belladonna
fiorita, [
] / le molli parvenze s'infransero. // Ma
ecco c'è altro che striscia / a fior della spera
rifatta liscia". La traduzione francese, purtroppo,
è costretta ad esplicitare l'ambiguità del
soggetto implicito nei verbi al passato remoto, ambiguità
già presente in Montale. Il soggetto dell'azione,
dovendo scegliere, si sarebbe dovuto piuttosto rendere al
femminile.
Il primo Orelli, insomma, entra in
discussione a distanza e soprattutto alla pari con Montale,
riscrivendolo criticamente e mettendone in luce aspetti
non còlti all'epoca neppure dalla lettura continiana.
La linea di ricerca scrittoria della desublimazione, non
si chiude in esiti di lettura allegeriti e facilitati, ma
risponde ad una diversa intenzione: valorizzare originalmente
un Montale apparentemente "sbagliato", ma poi
inaspettatamente "giusto" alla luce della sua
ultima produzione, non per caso progressivamente trascurata
dalla fedeltà del Contini critico. A fronte del magistero
poetico montaliano e di quello critico continiano, il primo
Orelli non rende solo conto delle sue capacità di
intelligente e dotato allievo, ma persegue da poeta cólto
un proprio personale e autonomo progetto, estremamente ambizioso
nel significato intertestuale dei calcolatissimi effetti,
delle scelte lessicali, delle costruzioni metrico-sintattiche,
dei riorientamenti semantici delle stringhe foniche. Un
tale gioco di specchi, consapevolmente deformanti, richiede
quindi di necessità una lettura prioritariamente
critica, orientata da presupposti jakobsoniani, specialistica,
non "ingenua", per poter rivelare il proprio codice
interno e completarsi, per elezione e per definizione, nel
discorso che la esplica. Riteniamo così di poter
reperire altrimenti il senso critico del titolo del volumetto,
Poèmes de jeunesse, senza pregiudizi riduttivi
nei confronti della prima delle due epoche della poesia
di Giorgio Orelli.
Alberto Roncaccia
Français
Pour relire les permiers poèmes
de Giorgio Orelli
Le petit volume anthologique
consacré par Christian Viredaz à Giorgio Orelli
permet de retraverser agilement la première période
de l'activité poétique de l'auteur - le seul
écrivain Suisse d'expression italienne qui jouisse
de la pleine reconnaissance de son oeuvre parmi les poètes
italiens "officiels" de la seconde moitié
du XXè siècle. On mentionnera pour preuve
de cette reconnaissance sa prise en compte dans l'anthologie
Poeti italiani 1945-1995, éditée par
Cucchi et Giovanardi en 1996 chez Mondadori, ou sa présence
significative dans le choix critique de Giancarlo Majorino
(Poesie e realtà 1945-2000, Milano, M. Tropea,
2000), qui apprécie en Orelli aussi bien le critique
littéraire que le poète, et encore dans la
plus récente anthologie Dopo la lirica. Poeti
italiani 1960-2000, éditée par E. Testa
(Torino, Einaudi, 2005).
Dans toutes ces anthologies, c'est surtout la "maturité"
d'Orelli qui est mise en valeur à travers ses poèmes
des années '70-'80: on y souligne son plurilinguisme,
son attachement à la "vie vécue",
au poème-récit, son engagement civique, la
forme en vers longs. L'Orelli des débuts, adepte
de vers plus courts, reste dans l'ombre de l'arrière-boutique.
Attaché, dans la tradition d'un Pascoli, au cercle
familier (le "cerchio familiare" qui figure dans
le titre de son recueil de 1960), aux stupeurs privées,
le poète glisse en permanence dans sa poésie
des références savantes à la manière
de Montale, des citations qui renvoient à la tradition
poétique italienne ancienne et moderne.
Le titre donnée par Christian Viredaz au livre dont
il est question ici, Poèmes de jeunesse, reflète
peut-être une position critique déterminée
par la perception ultérieure que l'on a pu avoir
d'Orelli, mais qui ne s'impose pas nécessairement
du point de vue chronologique. Ces textes, si on les relit
comme des "poèmes de jeunesse", annoncent
en effet déjà les orientations de la "maturité"
qui se dessinent dans les années 1960, lorsque le
vers s'allonge, que le lexique devient plus riche, plus
décalé par apport à la tradition et
aux conventions, et que le registre se fait plus mobile
et ironique.
La mise en évidence de ce parcours peut permettre
de ne pas considérer cette évolution comme
escomptée, mais de rediscuter au contraire l'ensemble
de la poétique de Giorgio Orelli. Cohérence
ou incohérence? Dépassement ou abandon? Continuité
ou rupture? Nous n'avons pas ici de réponse toute
faite à proposer, loin de là. Mais l'on peut
avancer quelques considérations autour de ces questions.
Dans les vers de jeunesse,
Orelli aspire à produire une poésie classique,
intemporelle, sous un ciel très calme, en dehors
de l'Histoire. Sa prédilection pour les choses, que
l'on veuille ou non l'inscrire dans la "ligne lombarde"
définie par Anceschi, est une prédilection
pour une objectivité qui matérialise des perceptions
sensorielles, sans appeler nécessairement une lecture
allégorique. Le raport au monde est dans l'ensemble
confiant, rationnel; l'impassibilité stylisée
à laquelle il atteint a le pouvoir narcotique ou
incantatoire de présenter un "moi" toujours
serein et rassuré. En ce sens, il est intéressant
de rapprocher Orelli de Montale pour souligner l'originalité,
la différence entre ces univers: celui d'Orelli n'est
pas inquiet, sa rhétorique ne raisonne pas, se distinguant
en cela du Montale de Ossi (1925) et des Occasioni
(1939), avec lequel Orelli entretient plutôt un rapport
d'émulation que d'imitation. Signalons en passant
que le premier livre d'Orelli, en 1944, paraît sous
le patronage de Gianfranco Contini, critique attaché
à Montale par une affinité élective.
Dans ces vers, le matériau thématique, la
métrique, la rhétorique de Montale sont comme
"réemployés", mais dans un mode
qui atténue les contrastes, et fait prévaloir
l'exigence quelque peu parnassienne de la perfection formelle
sur la sémantique de la dissension, du non-être,
du aller-plus-loin, de la "malcertitude", des
"ongles sur les vitres".
A titre d'exemple, on peut citer le "parfait ovale"
vénitien du poème Rio del Paradiso,
sur fond de médusification précieuse de "l'eau
pensive du canal", opérée photographiquement
par l'oeil du poète qui dégage l'eau de toute
dimension changeante, fluide. C'est pourquoi dans ce bref
poème l'eau est habilement "persuasa" (ce
que la traduction "résignée" rend
jusqu'à un certain point); c'est pourquoi elle "dore"
(tandis que chez Montale, dans le huitième poème
des Motets, elle "se dore"):
Rio del Paradiso:
s'è posata una luce sul tuo viso,
come persuasa indora
i panni stesi ad asciugare, scende
nell'acqua assorta del canale.
Ma dove sei, che ancora
t'affacci e celi entro il perfetto ovale?
(p. 74)
|
Rio
del Paradiso:
une lumière s'est posée sur ton visage,
comme résignée, dore
le linge étendu pour sécher, descend
sur l'eau pensive du canal.
Mais où es-tu, toi qui encore
te penches et te caches dans le parfait ovale? |
Dans les vers, l'effet d'arrêt
sur image est souligné par la texture des rimes,
discrètes et fluides, mais capables pourtant de fournir
le liant fondamental du sens, concentré sur l'idée
d'instantanéité intemporelle d'une lumière
qui, sans effets brusques de clair-obscur, s'est "posée".
Cette lumière, "luce",
est peut-être la clef pour repenser l'ensemble de
la poésie d'Orelli, une lumière qui se pose
comme médium sémantique entre le moi du poète
et la réalité, et accompagne la variation
diligente de quelques thèmes de prédilection,
très peu nombreux.
Il n'est pas difficile de retrouver la constante de cette
luminosité diffuse dans le choix de poèmes
proposé par Christian Viredaz. Ainsi dans le poème
Prima dell'anno nuovo (1952):
Tutto il grigio all'altezza dei colombi,
tutto il verde che scorre fino al grigio:
un sole, basterà che il sole
li riaccenda.
Io
sono in una gola
d'ombra. Tu sei lassù.
(p. 92)
|
Tout ce gris à
la hauteur des colombes,
tout ce vert qui s'écoule jusqu'au gris:
un soleil, oui, il suffira que le soleil
les rallume.
Je
suis dans une gorge
d'ombre. Tu es là-haut. |
Ici, le "je" s'oppose à
la lumière, sous forme de lieu obscur, de cavité
d'ombre, mais aussi dans une polarité haut-bas, je-tu.
L'aspiration montalienne à l'épiphanie est
aisément reconnaissable dans la présence diffuse
d'êtres ailés, ici des colombes, et dans l'adresse
caractéristique "tu".
Mais l'oppostion tend à s'atténuer, de par
le caractère mélodieux du texte, et aussi
grâce à des éléments de syntaxe
et de sémantique bien précis. A commencer
par le futur "il suffira", qui introduit une notion
d'attente confiante de l'événement désiré,
et un ton de conversation, appuyé par le vers "un
soleil, oui, il suffira que le soleil". Le rapport
de séparation je-tu ne semble pas douloureux, en
ce que les vers finaux expriment une situation de stabilité,
d'équilibre atteint. Ces vers peuvent être
relus en les comparant à Cigola la carrucola nel
pozzo, de Montale, qui en un parcours de rimes plus
âpres s'achève dans l'évocation d'un
"fond ténébreux" ("atro fondo")
et d'une irréparable "distance qui nous divise"
("una distanza che ci divide"). Le verbe "basterà",
"il suffira", dans le poème Orelli, fait
une rime interne avec le dernier vers et établit
tout un jeu de consonances et d'assonances avec la formule
finale. Le tu est ainsi solidement ancré à
l'existence et à la lumière, définitivement
déconnecté de l'obscurité, de la solitude,
des pôles négatifs de "ne pas savoir"
et "ne pas se souvenir" emblématiques de
Montale (comme l'illustre très bien par exemple
la Casa dei doganieri).
Orelli, dans sa recherche personnelle de construction parfaite
et d'équilibre thématique tend à dédramatiser
la question du sens, que Montale pose avec insistance et
sans parvenir à la résoudre.
Le bestiaire d'Orelli nous renvoie lui aussi à Montale,
confirmant la référence constante au maître:
le lézard vert, l'écureuil, le papillon, d'autres
animaux ailés, et plus que tous les autres, le faucon
de Sogno (p. 24). L'exercice de la citation et la
désublimation conséquente du style de Montale
nous semblent être des éléments décisifs,
propres à mieux expliquer la nature de la continuité
entre la première et la deuxième période
d'Orelli, à en révéler la dimension
comune. Or Montale lui-même, comme on le sait, est
arrivé plus tard à cette même désublimation
par ses propres voies, et, paradoxalement, en "retard"
par rapport à Orelli.
L'usage du passé simple constitue encore un trait
montalien, dès le premier recueil d'Orelli; le rapprochement
est évident dans Sogno, un poème déjà
frappé comme on l'a dit par la marque intertextuelle
du faucon:
Depose gli indumenti dentro il cavo
di una pietra. Di neve li coperse.
Rise. Poi si tuffò.
Era l'ombra del falco un ghirigoro
sul verde lago liscio.
(p. 24)
|
Il déposa ses
vêtement dans le creux
d'une pierre. Les recouvrit de neige.
Il rit. Puis il plongea.
Et l'ombre du faucon était un gribouillis
sur le lac vert et lisse. |
Le mouvement narratif porte en lui
un sentiment d'immersion sensorielle, aligne une série
d'actions ponctuelles données par les quatre verbes:
déposa, recouvrit, rit, plongea. On passe
ensuite à l'imparfait marquant la durée, qui
crée dans l'avant-dernier vers un effet suspendu
d'immobilité, qui fixe même le vol du faucon
dans l'image du "gribouillis" qu'il dessine sur
la surface lisse du lac. On peut même se demander
si le poète et critique, au-delà du premier
niveau de lecture, ne prend pas ici franchement position
par rapport au sublime de Montale et de son "faucon
haut levé", introduit lui aussi par l'imparfait
"Era", dans Spesso il male di vivere ho incontrato.
Le "ghirigoro", "gribouillis", évoque
aussi son synonime "sgorbiature", qui apparaît
dans les Occasioni de Montale, plus précisément
dans le poème Alla maniera di Filippo de Pisis.
"Sgorbiature" dans l'endécasyllabe final
du poème, "Poi discendono là, fra sgorbiature",
se trouve métriquement à à la même
place que "ghirigoro" ans l'endécasyllabe
d'Orelli: "Era l'ombra del falco un ghirigoro".
Le treme choisit par Orelli, le "gribouillis"
sur une surface lisse, en plus du fait qu'il appartient
à un niveau de langue moins élevé que
le terme de Montale, évoque un acte d'écriture.
Orelli, ici, réécrit Montale, en offrant une
lecture critique (métapoétique) du grand poète.
Par son départ au passé simple, et par sa
référence thématique au rire et à
la surface de l'eau, le texte reprend en particulier le
jeune Montale de Vasca. La traduction française,
malheureusement, est contrainte de définir par un
pronom ("il") le sujet implicite des verbes au
passé simple, qui, si l'on avait choisi de faire
référence à Montale, aurait plutôt
dû être "elle", au féminin.
Dans ses premiers textes, Orelli,
engage ainsi une discussion avec Montale, à distance,
mais sur un pied d'égalité, en le réécrivant,
et en mettant en lumière des aspects de la poésie
de Montale que personne n'avait signalés du temps
de Montale, pas même Contini. La recherche de la désublimation
ne se conclut pas par des textes d'une lecture plus facile
et plus légère. L'intention est différente:
il s'agit de valoriser avec originalité un Montale
semblait s'être fourvoyé, mais apparaissait
subitement à nouveau dans le "juste" à
la lumière de ses derniers poèmes, auxquels
le fidèle critique Contini, ce n'est pas un hasard,
s'était de moins en moins intéressé.
Orelli, face au maître poète Montale, et au
maître critique Contini, ne rend pas seulement compte
de ses capacités d'élève doué,
mais poursuit en poète savant son propre projet,
extrêmement ambitieux dans sa signification intertextuelle,
très complexe et calculée. Un tel jeu de miroirs,
volontairement déformants, requiert par conséquent
une relecture avant tout critique, spécialisée,
nullement "naïve", afin de révéler
son code interne et d'être complétée
par le discours qui l'explique. C'est pourquoi nous croyons
pouvoir donner un sens critique au titre de ce petit volume,
Poèmes de jeunesse, sans y voir de préjugés
à l'égard de la première des deux périodes
de la poésie de Giorgio Orelli.
Alberto Roncaccia
Traduit de l'italien et lègèrement adapté
par Francesco Biamonte
Page créée le: 14.04.06
Dernière mise à jour le: 14.04.06
|