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Giorgio Orelli

Poèmes de Jeunesse, Editions Samizdat, 2005, 112 pp.

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Retrouvez également Giorgio Orelli dans nos pages consacrées aux auteurs de Suisse.

  Giorgio Orelli/ Poèmes de Jeunesse

 

Giorgio Orelli est né à Airolo (Tessin) le 25 mai 1921. Après des études de lettres à Fribourg, il a enseigné la littérature au Lycée de Bellinzone où il vit depuis 1945. Considéré comme le plus grand poète de sa génération, il est aimé et admiré par ses pairs. Ainsi, Alberto Nessi souligne sa capacité à être à la fois humble et aristocratique. Tout au long des années, des extraits de son oeuvre ont paru en traduction, mais il a fallu attendre l'an 2000 pour qu'un recueil entier soit publié dans une autre langue. Il s'agit de "Sinopie" que le poète Christian Viredaz a traduit pour Empreintes. C'est grâce à un choix de ce même traducteur que Samizdat a le bonheur et le privilège de vous présenter des poèmes de jeunesse d'Orelli parus entre 1939 et 1962.

Lucciole

E salgono un poco nel cielo.
Quel tanto che basta
all'ebbrezza

Lucioles

Et de refaire vers le ciel
ce court trajet qui leur suffit
pour atteindre l'ivresse

D'une planète
tombent les cloches. L'insecte chu
dans ton giron jette des feux
azur, l'encombre
de pattes infiniment frêles.
Dans le ciel croît ce bleu qui vient
du Nord, de par chez moi. Et un bateau
éveille (toujours?) un émoi effaré
d'invisibles dindons.
Tu cours, ta jupe rose
tendue pour recueillir
les premières vagues. De proue, je te regarde.

Traduction : Christian Viredaz

Giorgio Orelli, Poèmes de Jeunesse, Editions Samizdat, 2005, 112 pp.

 

  Article (Alberto Roncaccia)


Invité par notre rédaction à écrire sur ce livre, Alberto Roncaccia, de l'Université de Lausanne, nous a envoyé un article très pointu et très passionnant. Nous vous en proposons la version originale italienne, ainsi qu'une traduction très légèrement abrégée et adaptée en français.

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Appunti per rileggere il primo Orelli

Il volumetto antologico approntato da Christian Viredaz ci permette di riattraversare agilmente la prima produzione in versi di Giorgio Orelli, ancora oggi l'unico scrittore svizzero di lingua italiana a godere di pieno diritto di cittadinanza tra i poeti "ufficiali" del secondo Novecento italiano. Ne è prova, ad esempio, la "naturale" inclusione nella antologia Poeti italiani 1945-1995, curata da Cucchi e Giovanardi nel 1996 per i "Meridiani" Mondadori. Significativa è anche la sua presenza all'interno della scelta critica di Giancarlo Majorino (Poesie e realtà 1945-2000, Milano, M. Tropea, 2000), che apprezza Orelli nella doppia veste di critico letterario e di poeta in cui "la narrazione in versi segue un andamento vario e pozze liriche o epigrammatiche impediscono confusioni con la prosa" (ivi, p. 244). Si aggiunga la ancor più recente antologia Dopo la lirica. Poeti italiani 1960-2000, a cura di E. Testa, Torino, Einaudi, 2005.
In queste antologie è soprattutto la "maturità" dell'Orelli degli anni '70-'80 ad essere valorizzata, in chiave di moderato plurilinguismo, di poesia-racconto, di vita vissuta, di versi lunghi, di impegno civile. Resta invece nel retrobottega antologico il primo Orelli, adepto di misure metriche ridotte, o che comunque non sforano mai il preferito e dolceloquente endecasillabo.Pascolianamente racchiuso, secondo il titolo della raccolta del 1960, "nel cerchio familiare" delle piccole cose e degli stupori privati, il poeta intarsia costantemente riferimenti dotti, alla maniera di Montale, rinvii citazionali a testi della tradizione poetica italiana antica e moderna.
Il titolo dato dal curatore-traduttore, Poèmes de jeunesse, rischia perciò di farsi portavoce di una implicita valenza critica, ipotecata dal senno di poi, ma in realtà non obbligatoria rispetto alla semplice delimitazione cronologica. Se riletti in senso "giovanile", i versi preannunciano però gli orientamenti "maturi" a partire dalle raccolte del 1960 e del 1962, quando il verso si fa più lungo, il lessico più vario e ricco di scarti nel linguaggio meno convenzionalmente poetico, il registro più mobile ed ironico. Acquisiti i meriti di tale percorso evolutivo, si può prendere spunto per non subire lo svolgimento interno come presa d'atto scontata, ridiscutendo l'interpretazione complessiva della poetica orelliana. Coerenza o incoerenza? Superamento o abbandono? Continuità o discontinuità? La risposta è lungi dall'esser pronta nel cassetto. Possono essere prodotte, però, alcune considerazioni a margine.
Nei versi di giovinezza, notiamo, Orelli è poeta che aspira a porsi come un classico, sotto un cielo fuori dal tempo, segnato da un profondo antistoricismo, o, per dir meglio, da un pacatissimo astoricismo. La predilezione per le cose, con o senza l'etichetta di "linea lombarda" fornita da Anceschi, è predilezione per un'oggettività che materializza percezioni e manifestazioni sensoriali, non necessariamente correlate ad allegorizzazioni intellettuali. Il confronto con il mondo è tendenzialmente fiducioso, cioè razionale, mentre il raggiungimento di una stilizzata impassibilità ha il potere, narcotico o incantatorio, di presentare un io in qualche modo sempre rassicurato. Il raffronto montaliano, in questo senso, aiuta a rimarcare l'originalità di un atteggiamento contenutisticamente non inquieto, retoricamente non ragionativo, non esattamente compatibile con il Montale degli Ossi (1925) e delle Occasioni (1939), più emulato che imitato. Ricordiamo, inoltre, che l'esordio di Orelli nel 1944 è patrocinato da Gianfranco Contini, critico montaliano per elezione. Il materiale tematico e metrico-retorico delle prime due raccolte di Montale è in questi versi come "riusato", ma secondo modalità di attenuazione dei contrasti, lasciando che l'esigenza un po' parnassiana di perfezione formale prevalga sull'insistenza semantica del dissidio, del non essere, dell'andare oltre, del "malcerto", dell'"unghia ai vetri". Si veda, ad esempio, l'assolutezza orelliana del "perfetto ovale" veneziano di Rio del Paradiso, sullo sfondo della medusificazione preziosa dell'"acqua assorta del canale", distolta da ogni mutevolezza eraclitea e arrestata fotograficamente dall'occhio dell'io. Per questo nell'epigramma la "luce" è abilmente "persuasa" (non del tutto reso in traduzione da "resignée"), per questo docilmente "indora" (a differenza, in particolare, del "s'indora" montaliano dell'ottavo dei Mottetti, contestualmente molto più inquieto):

Rio del Paradiso:
s'è posata una luce sul tuo viso,
come persuasa indora
i panni stesi ad asciugare, scende
nell'acqua assorta del canale.
Ma dove sei, che ancora
t'affacci e celi entro il perfetto ovale?

(p. 74)

Rio del Paradiso:
une lumière s'est posée sur ton visage,
comme résignée, dore
le linge étendu pour sécher, descend
sur l'eau pensive du canal.
Mais où es-tu, toi qui encore
te penches et te caches dans le parfait ovale?

Nei versi, l'effetto di arresto dell'immagine è favorito dalla testura delle rime, fonicamente fluide ed estremamente discrete, ma in grado di fornire il collante fondamentale del senso, concentrato sull'idea dell'istantaneità intemporale di "una luce" che delicatamente, senza traumi chiaroscurali, si è "posata". Il verso centrale, che sembra trasgredire lo schema prescelto, recupera e riassume su di sé le sonorità circostanti, tracciando il confine lineare della disposizione en abyme dell'"ovale" più propriamente metrico. Le "luce", in particolare, è forse la chiave privilegiata per ripensare l'insieme della poesia orelliana, una "luce" che si pone come medium semantico tra io e realtà, accompagnando la diligente variazione di pochissimi temi prediletti. Non è difficile ritrovare la costante di questa luminosità diffusa nelle poesie giovanili selezionate da Viredaz. Si vedano i seguenti versi da Prima dell'anno nuovo (1952):

Tutto il grigio all'altezza dei colombi,
tutto il verde che scorre fino al grigio:
un sole, basterà che il sole
li riaccenda.
                               Io sono in una gola
d'ombra. Tu sei lassù.

(p. 92)

Tout ce gris à la hauteur des colombes,
tout ce vert qui s'écoule jusqu'au gris:
un soleil, oui, il suffira que le soleil
les rallume.
                               Je suis dans une gorge
d'ombre. Tu es là-haut.

Qui l'io si oppone alla luce distanziandosene sotto forma di luogo non illuminato, di cavità "d'ombra", ma anche sotto forma di polarità alto-basso, io-tu. L'aspirazione montaliana all'epifania è facilmente riconoscibile nella diffusa presenza di esseri alati, qui i "colombi", e nel caratteristico tu allocutivo. L'opposizione tende tuttavia ad attenuarsi, oltre che per una certa cantabilità, grazie a precisi elementi semantici e sintattici. Innanzi tutto il futuro a valore concessivo "basterà", che introduce una nozione di attesa fiduciosa dell'evento desiderato, ma che aggiunge anche una tonalità colloquiale, esaltata dalla funzione di reggenza grammaticale della proposizione nominale immediatamente precedente, "un sole", spavaldamente ellittica di verbo, al punto di richiedere una integrazione di senso alla traduzione francese, che scommette giustamente sul tono colloquiale. Anche l'apparizione del tu sembra volutamente depotenziata, quantomeno per la linearità enunciativa dell'explicit. Eppure il "Tu" risulta decisivo per la comprensione fonosimbolica del testo, che lo pronuncia e riecheggia nell'anafora dei primi due versi: "Tutto […] / tutto". Elemento che, seppure non irreparabilmente, si perde nella traduzione francese. Allo stesso tempo, tuttavia, il rapporto di separazione io-tu non risulta particolarmente sofferto, giacché l'enunciazione doppia e simmetrica del finale esprime una condizione di stabilità, di bilanciamento, di equilibrio raggiunto. I versi conclusivi vanno riletti a fronte della montaliana Cigola la carrucola nel pozzo, che in un percorso di rime più aspre, si chiudeva evocando un "atro fondo" e l'irreparabilità di "una distanza che ci divide". Centrale e risolutivo, nell'epigramma di Orelli, il verbo "basterà", è anche in rima interna con l'ultimo verso e stabilisce un complesso intreccio di assonanze e consonanze con la frasetta finale. Il tu, secondo tale strategia, è solidamente ancorato all'esistenza e alla luce, deconnotato definitivamente dall'oscurità, dalla solitudine, dalla negatività del non sapere e del non ricordare emblematici di Montale (ben concentrati, ad esempio, nella Casa dei doganieri).
Orelli, nella personale ricerca di perfezione costruttiva e di equilibrio tematico tende a sdrammatizzare il senso e l'interrogazione del senso, per contro insistita e irrisolta in Montale. Indicatori montaliani, a riprova del continuo referente di queste poesie giovanili, affiorano dal bestiario orelliano: il ramarro, lo scoiattolo, la farfalla, o altre varie figure alate, e più di ogni altra il falco di Sogno (p. 24). L'esercizio citazionale e l'operosa desublimazione dello stile lirico del maestro ci sembrano da cogliere come dato decisivo. Dato che può spiegare meglio i termini della continuità tra prima e seconda poesia orellina, rendendone comprensibile il comune "discorso". È noto come alla medesima desublimazione Montale, tenendo le proprie vie, arriverà più tardi, e paradossalmente, va detto, in "ritardo" su Orelli.
Altro tratto montaliano, già nella raccolta d'esordio, è nell'uso del passato remoto, evidente in Sogno, poesia, come si è detto, già contrassegnata dal sicuro indicatore intertestuale del "falco":

Depose gli indumenti dentro il cavo
di una pietra. Di neve li coperse.
Rise. Poi si tuffò.

Era l'ombra del falco un ghirigoro
sul verde lago liscio.

(p. 24)

Il déposa ses vêtement dans le creux
d'une pierre. Les recouvrit de neige.
Il rit. Puis il plongea.

Et l'ombre du faucon était un gribouillis
sur le lac vert et lisse.

Il movimento prosastico-narrativo riferisce di un rapporto di immersione sensoriale nelle cose, allinea una serie di "azioni" puntuali e dinamiche date dai quattro verbi (depose-coperse-rise-si tuffò). Poi dai verbi d'azione si passa all'imperfetto durativo del penultimo verso, che crea un effetto di sospesa immobilità, fissando anche il volo del "falco" nell'immagine del "ghirigoro" che si disegna sull'inincrespata acqua del lago. Ci si potrebbe chiedere se il poeta-critico, al di là del primo livello di lettura, in prima approssimazione descrittivo, non prenda posizione in senso propriamente metapoetico nei confronti del sublime montaliano del "falco alto levato", introdotto ugualmente dall'imperfetto "era" in Spesso il male di vivere ho incontrato.
Il "ghirigoro" è fortemente riduttivo, ma è anche recupero metrico-tematico di una tonalità epigrammatica delle Occasioni, espressa dal sinonimo "sgorbiature". Si tratta del componimento Alla maniera di Filippo de Pisis, il cui penultimo verso, "Poi discendono là, fra sgorbiature", coincide per gli accenti di 3a e 6a posizione con l'endecasillabo orelliano: "Era l'ombra del falco un ghirigoro". Oltre che ad un abbassamento moderato di registro linguistico, il "ghirigoro" è soprattutto immagine di un atto di scrittura, tracciato su una superficie liscia. È evidente come Orelli riscriva Montale, offrendone una rilettura critica. Per l'attacco al passato remoto e per il referente tematico del riso e della superfice liquida infranta, il testo riprende, in particolare, il giovane Montale di Vasca. Basti rileggere la chiusa orelliana "sul verde lago liscio", successiva al "Rise. Poi si tuffò.", in relazione ai versi montaliani: "Passò sul tremulo vetro / un riso di belladonna fiorita, […] / le molli parvenze s'infransero. // Ma ecco c'è altro che striscia / a fior della spera rifatta liscia". La traduzione francese, purtroppo, è costretta ad esplicitare l'ambiguità del soggetto implicito nei verbi al passato remoto, ambiguità già presente in Montale. Il soggetto dell'azione, dovendo scegliere, si sarebbe dovuto piuttosto rendere al femminile.

Il primo Orelli, insomma, entra in discussione a distanza e soprattutto alla pari con Montale, riscrivendolo criticamente e mettendone in luce aspetti non còlti all'epoca neppure dalla lettura continiana. La linea di ricerca scrittoria della desublimazione, non si chiude in esiti di lettura allegeriti e facilitati, ma risponde ad una diversa intenzione: valorizzare originalmente un Montale apparentemente "sbagliato", ma poi inaspettatamente "giusto" alla luce della sua ultima produzione, non per caso progressivamente trascurata dalla fedeltà del Contini critico. A fronte del magistero poetico montaliano e di quello critico continiano, il primo Orelli non rende solo conto delle sue capacità di intelligente e dotato allievo, ma persegue da poeta cólto un proprio personale e autonomo progetto, estremamente ambizioso nel significato intertestuale dei calcolatissimi effetti, delle scelte lessicali, delle costruzioni metrico-sintattiche, dei riorientamenti semantici delle stringhe foniche. Un tale gioco di specchi, consapevolmente deformanti, richiede quindi di necessità una lettura prioritariamente critica, orientata da presupposti jakobsoniani, specialistica, non "ingenua", per poter rivelare il proprio codice interno e completarsi, per elezione e per definizione, nel discorso che la esplica. Riteniamo così di poter reperire altrimenti il senso critico del titolo del volumetto, Poèmes de jeunesse, senza pregiudizi riduttivi nei confronti della prima delle due epoche della poesia di Giorgio Orelli.

Alberto Roncaccia

Français

Pour relire les permiers poèmes de Giorgio Orelli

Le petit volume anthologique consacré par Christian Viredaz à Giorgio Orelli permet de retraverser agilement la première période de l'activité poétique de l'auteur - le seul écrivain Suisse d'expression italienne qui jouisse de la pleine reconnaissance de son oeuvre parmi les poètes italiens "officiels" de la seconde moitié du XXè siècle. On mentionnera pour preuve de cette reconnaissance sa prise en compte dans l'anthologie Poeti italiani 1945-1995, éditée par Cucchi et Giovanardi en 1996 chez Mondadori, ou sa présence significative dans le choix critique de Giancarlo Majorino (Poesie e realtà 1945-2000, Milano, M. Tropea, 2000), qui apprécie en Orelli aussi bien le critique littéraire que le poète, et encore dans la plus récente anthologie Dopo la lirica. Poeti italiani 1960-2000, éditée par E. Testa (Torino, Einaudi, 2005).
Dans toutes ces anthologies, c'est surtout la "maturité" d'Orelli qui est mise en valeur à travers ses poèmes des années '70-'80: on y souligne son plurilinguisme, son attachement à la "vie vécue", au poème-récit, son engagement civique, la forme en vers longs. L'Orelli des débuts, adepte de vers plus courts, reste dans l'ombre de l'arrière-boutique. Attaché, dans la tradition d'un Pascoli, au cercle familier (le "cerchio familiare" qui figure dans le titre de son recueil de 1960), aux stupeurs privées, le poète glisse en permanence dans sa poésie des références savantes à la manière de Montale, des citations qui renvoient à la tradition poétique italienne ancienne et moderne.
Le titre donnée par Christian Viredaz au livre dont il est question ici, Poèmes de jeunesse, reflète peut-être une position critique déterminée par la perception ultérieure que l'on a pu avoir d'Orelli, mais qui ne s'impose pas nécessairement du point de vue chronologique. Ces textes, si on les relit comme des "poèmes de jeunesse", annoncent en effet déjà les orientations de la "maturité" qui se dessinent dans les années 1960, lorsque le vers s'allonge, que le lexique devient plus riche, plus décalé par apport à la tradition et aux conventions, et que le registre se fait plus mobile et ironique.
La mise en évidence de ce parcours peut permettre de ne pas considérer cette évolution comme escomptée, mais de rediscuter au contraire l'ensemble de la poétique de Giorgio Orelli. Cohérence ou incohérence? Dépassement ou abandon? Continuité ou rupture? Nous n'avons pas ici de réponse toute faite à proposer, loin de là. Mais l'on peut avancer quelques considérations autour de ces questions.

Dans les vers de jeunesse, Orelli aspire à produire une poésie classique, intemporelle, sous un ciel très calme, en dehors de l'Histoire. Sa prédilection pour les choses, que l'on veuille ou non l'inscrire dans la "ligne lombarde" définie par Anceschi, est une prédilection pour une objectivité qui matérialise des perceptions sensorielles, sans appeler nécessairement une lecture allégorique. Le raport au monde est dans l'ensemble confiant, rationnel; l'impassibilité stylisée à laquelle il atteint a le pouvoir narcotique ou incantatoire de présenter un "moi" toujours serein et rassuré. En ce sens, il est intéressant de rapprocher Orelli de Montale pour souligner l'originalité, la différence entre ces univers: celui d'Orelli n'est pas inquiet, sa rhétorique ne raisonne pas, se distinguant en cela du Montale de Ossi (1925) et des Occasioni (1939), avec lequel Orelli entretient plutôt un rapport d'émulation que d'imitation. Signalons en passant que le premier livre d'Orelli, en 1944, paraît sous le patronage de Gianfranco Contini, critique attaché à Montale par une affinité élective. Dans ces vers, le matériau thématique, la métrique, la rhétorique de Montale sont comme "réemployés", mais dans un mode qui atténue les contrastes, et fait prévaloir l'exigence quelque peu parnassienne de la perfection formelle sur la sémantique de la dissension, du non-être, du aller-plus-loin, de la "malcertitude", des "ongles sur les vitres".
A titre d'exemple, on peut citer le "parfait ovale" vénitien du poème Rio del Paradiso, sur fond de médusification précieuse de "l'eau pensive du canal", opérée photographiquement par l'oeil du poète qui dégage l'eau de toute dimension changeante, fluide. C'est pourquoi dans ce bref poème l'eau est habilement "persuasa" (ce que la traduction "résignée" rend jusqu'à un certain point); c'est pourquoi elle "dore" (tandis que chez Montale, dans le huitième poème des Motets, elle "se dore"):

Rio del Paradiso:
s'è posata una luce sul tuo viso,
come persuasa indora
i panni stesi ad asciugare, scende
nell'acqua assorta del canale.
Ma dove sei, che ancora
t'affacci e celi entro il perfetto ovale?

(p. 74)

Rio del Paradiso:
une lumière s'est posée sur ton visage,
comme résignée, dore
le linge étendu pour sécher, descend
sur l'eau pensive du canal.
Mais où es-tu, toi qui encore
te penches et te caches dans le parfait ovale?

Dans les vers, l'effet d'arrêt sur image est souligné par la texture des rimes, discrètes et fluides, mais capables pourtant de fournir le liant fondamental du sens, concentré sur l'idée d'instantanéité intemporelle d'une lumière qui, sans effets brusques de clair-obscur, s'est "posée".

Cette lumière, "luce", est peut-être la clef pour repenser l'ensemble de la poésie d'Orelli, une lumière qui se pose comme médium sémantique entre le moi du poète et la réalité, et accompagne la variation diligente de quelques thèmes de prédilection, très peu nombreux.
Il n'est pas difficile de retrouver la constante de cette luminosité diffuse dans le choix de poèmes proposé par Christian Viredaz. Ainsi dans le poème Prima dell'anno nuovo (1952):

Tutto il grigio all'altezza dei colombi,
tutto il verde che scorre fino al grigio:
un sole, basterà che il sole
li riaccenda.
                               Io sono in una gola
d'ombra. Tu sei lassù.

(p. 92)

Tout ce gris à la hauteur des colombes,
tout ce vert qui s'écoule jusqu'au gris:
un soleil, oui, il suffira que le soleil
les rallume.
                               Je suis dans une gorge
d'ombre. Tu es là-haut.

Ici, le "je" s'oppose à la lumière, sous forme de lieu obscur, de cavité d'ombre, mais aussi dans une polarité haut-bas, je-tu. L'aspiration montalienne à l'épiphanie est aisément reconnaissable dans la présence diffuse d'êtres ailés, ici des colombes, et dans l'adresse caractéristique "tu".
Mais l'oppostion tend à s'atténuer, de par le caractère mélodieux du texte, et aussi grâce à des éléments de syntaxe et de sémantique bien précis. A commencer par le futur "il suffira", qui introduit une notion d'attente confiante de l'événement désiré, et un ton de conversation, appuyé par le vers "un soleil, oui, il suffira que le soleil". Le rapport de séparation je-tu ne semble pas douloureux, en ce que les vers finaux expriment une situation de stabilité, d'équilibre atteint. Ces vers peuvent être relus en les comparant à Cigola la carrucola nel pozzo, de Montale, qui en un parcours de rimes plus âpres s'achève dans l'évocation d'un "fond ténébreux" ("atro fondo") et d'une irréparable "distance qui nous divise" ("una distanza che ci divide"). Le verbe "basterà", "il suffira", dans le poème Orelli, fait une rime interne avec le dernier vers et établit tout un jeu de consonances et d'assonances avec la formule finale. Le tu est ainsi solidement ancré à l'existence et à la lumière, définitivement déconnecté de l'obscurité, de la solitude, des pôles négatifs de "ne pas savoir" et "ne pas se souvenir" emblématiques de Montale (comme l'illustre très bien par exemple la Casa dei doganieri).
Orelli, dans sa recherche personnelle de construction parfaite et d'équilibre thématique tend à dédramatiser la question du sens, que Montale pose avec insistance et sans parvenir à la résoudre.
Le bestiaire d'Orelli nous renvoie lui aussi à Montale, confirmant la référence constante au maître: le lézard vert, l'écureuil, le papillon, d'autres animaux ailés, et plus que tous les autres, le faucon de Sogno (p. 24). L'exercice de la citation et la désublimation conséquente du style de Montale nous semblent être des éléments décisifs, propres à mieux expliquer la nature de la continuité entre la première et la deuxième période d'Orelli, à en révéler la dimension comune. Or Montale lui-même, comme on le sait, est arrivé plus tard à cette même désublimation par ses propres voies, et, paradoxalement, en "retard" par rapport à Orelli.
L'usage du passé simple constitue encore un trait montalien, dès le premier recueil d'Orelli; le rapprochement est évident dans Sogno, un poème déjà frappé comme on l'a dit par la marque intertextuelle du faucon:

Depose gli indumenti dentro il cavo
di una pietra. Di neve li coperse.
Rise. Poi si tuffò.

Era l'ombra del falco un ghirigoro
sul verde lago liscio.

(p. 24)

Il déposa ses vêtement dans le creux
d'une pierre. Les recouvrit de neige.
Il rit. Puis il plongea.

Et l'ombre du faucon était un gribouillis
sur le lac vert et lisse.

Le mouvement narratif porte en lui un sentiment d'immersion sensorielle, aligne une série d'actions ponctuelles données par les quatre verbes: déposa, recouvrit, rit, plongea. On passe ensuite à l'imparfait marquant la durée, qui crée dans l'avant-dernier vers un effet suspendu d'immobilité, qui fixe même le vol du faucon dans l'image du "gribouillis" qu'il dessine sur la surface lisse du lac. On peut même se demander si le poète et critique, au-delà du premier niveau de lecture, ne prend pas ici franchement position par rapport au sublime de Montale et de son "faucon haut levé", introduit lui aussi par l'imparfait "Era", dans Spesso il male di vivere ho incontrato.
Le "ghirigoro", "gribouillis", évoque aussi son synonime "sgorbiature", qui apparaît dans les Occasioni de Montale, plus précisément dans le poème Alla maniera di Filippo de Pisis. "Sgorbiature" dans l'endécasyllabe final du poème, "Poi discendono là, fra sgorbiature", se trouve métriquement à à la même place que "ghirigoro" ans l'endécasyllabe d'Orelli: "Era l'ombra del falco un ghirigoro". Le treme choisit par Orelli, le "gribouillis" sur une surface lisse, en plus du fait qu'il appartient à un niveau de langue moins élevé que le terme de Montale, évoque un acte d'écriture. Orelli, ici, réécrit Montale, en offrant une lecture critique (métapoétique) du grand poète. Par son départ au passé simple, et par sa référence thématique au rire et à la surface de l'eau, le texte reprend en particulier le jeune Montale de Vasca. La traduction française, malheureusement, est contrainte de définir par un pronom ("il") le sujet implicite des verbes au passé simple, qui, si l'on avait choisi de faire référence à Montale, aurait plutôt dû être "elle", au féminin.

Dans ses premiers textes, Orelli, engage ainsi une discussion avec Montale, à distance, mais sur un pied d'égalité, en le réécrivant, et en mettant en lumière des aspects de la poésie de Montale que personne n'avait signalés du temps de Montale, pas même Contini. La recherche de la désublimation ne se conclut pas par des textes d'une lecture plus facile et plus légère. L'intention est différente: il s'agit de valoriser avec originalité un Montale semblait s'être fourvoyé, mais apparaissait subitement à nouveau dans le "juste" à la lumière de ses derniers poèmes, auxquels le fidèle critique Contini, ce n'est pas un hasard, s'était de moins en moins intéressé. Orelli, face au maître poète Montale, et au maître critique Contini, ne rend pas seulement compte de ses capacités d'élève doué, mais poursuit en poète savant son propre projet, extrêmement ambitieux dans sa signification intertextuelle, très complexe et calculée. Un tel jeu de miroirs, volontairement déformants, requiert par conséquent une relecture avant tout critique, spécialisée, nullement "naïve", afin de révéler son code interne et d'être complétée par le discours qui l'explique. C'est pourquoi nous croyons pouvoir donner un sens critique au titre de ce petit volume, Poèmes de jeunesse, sans y voir de préjugés à l'égard de la première des deux périodes de la poésie de Giorgio Orelli.

Alberto Roncaccia
Traduit de l'italien et lègèrement adapté par Francesco Biamonte

 

Page créée le: 14.04.06
Dernière mise à jour le: 14.04.06

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