Franca Primavesi
L'oro di Podirago, prefazione di Franco Lanza,
Pregassona, Fontana Edizioni, 2003, pp. 220
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Franca Primavesi
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Franca
Primavesi / L'oro di Podirago |
ISBN 88-8191-157-4
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E' una storia di amori, di
amicizie, di avvenimenti vissuti dai personaggi d'una
provincia alto lombarda dapprima nella povertà,
poi nel miraggio della ricchezza sempre contrastata
dai malvagi, in un contesto in cui prevalgono l'ironia
e il senso del relativo. La vicenda si dipana nel
confronto tra il pubblico e il privato, il diritto
e l'illecito, la politica e la finanza. Quando i personaggi
devono affrontare l'ultima avversità, ecco
l'aiuto insperato: un uomo misterioso venuto da lontano.
Franca
Primavesi è nata a Lugano. Ha conseguito
il diploma di insegnante di scuola professionale.
E' stata prim'attrice nella compagnia di Prosa della
Radio della Svizzera italiana, diretta da registi
come Francis Borghi, Romano Calò, Enrico D'Alessandro,
Carlo Castelli e Giuseppe Albertini. Ha scritto radiodrammi
e adattamenti radiofonici (Voci nel megamercato,
1986; Gita al faro da Giovanni Bonalumi, 1996)
e un libro di racconti, Il gioco delle apparenze
(con versione francese di Roger Richard, Lugano, Edizioni
Cenobio, 1997). Si è inoltre occupata di arte
grafica.
Con L'oro di Podirago
Franca Primavesi ha ottenuto il premio speciale della
Giuria dei Critici (Isabella Bossi Fedrigotti, Angelo
Gaccione, Cesare Medail, Orlando Perera, Ariberto
Segala, Gianfranco Lazzaro) del Premio Stresa di Narrativa
2003.
L'oro
di Podirago, prefazione di Franco Lanza, Pregassona,
Fontana Edizioni, 2003
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Le roman de Franca Primavesi
se déroule dans un village de la Haute-Lombardie
où la découverte d'un filon aurifère
et le mirage de la richesse modifie les équilibres
d'une communauté rurale pauvre, entre histoires
d'amour et d'amitié. Ecrit dans une langue
nettement littéraire, voire châtiée,
mais traversée par l'oralité et des
répliques en dialecte, ce livre ne boude pas
à l'occasion un ton joueur ou comique.
De par son sujet, sa langue
et son traitement, ce livre porte une forte saveur
de " déjà-lu " ; ouvrage post-moderne
? Que ce terme soit ou non approprié, l'essentiel
est que Franca Primavesi parvient à assumer
totalement la tradition de la littérature populaire
tessinoise ; mais alors qu'un Tarcisio Poma, un Plinio
Martini ou un Enrico Filippini se retrouvaient dans
un rapport problématique à cette tradition,
Franca Primavesi l'aborde avec une totale légèreté,
et le lecteur avec elle, qui lit le roman d'un trait.
D'après l'article de
Pierre Lepori ci-dessous.
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L'oro
dei tempi andati, di Pierre Lepori |
L'oro dei tempi andati
L'oro di Podirago - cronaca
corale di un villaggio alle difficili prese con la modernità
- potrebbe apparire un deciso passo indietro in una tradizione
di letteratura dei tempi andati, squisitamente ticinese.
Ma è proprio così? A leggerlo bene, lo scorrevole
e spesso divertente romanzo di Franca Primavesi ha il merito
piacevole di un romanzo popolare: non soltanto nel senso
della scelta di personaggi e luoghi - raccontando un popolo
ancora per poco preservato dal progresso, in un'alta Lombardia
dei primi anni cinquanta - ma di una precisa opzione linguistica
e narrativa.
Partiamo di qui: la lingua. Franca
Primavesi è stata per molti anni attrice radiofonica:
la dizione nitida è dunque la principale caratteristica
del suo narrare, che, nonostante la coralità della
vicenda, opta per un ricercato italiano letterario (con
un lessico forse a volte superato: "periglioso",
"alacre", "il desinare", ecc.),
volentieri paratattico e ritmato da frasi concise e senza
fronzoli. Una narrazione in terza persona, al passato remoto,
che manzonianamente accetta tuttavia gli usi lombardi più
confermati, come l'articolo posto davanti al nome di persona.
Si prenda, in apertura del romanzo, la descrizione del Casimiro:
"Scapolo, comunicativo come richiedeva la sua professione
di barbiere, il Casimiro con l'età giusta per fare
la corte alla Violetta era poi convolato a nozze. Aveva
fatto breccia quel suo modo di prendere in giro, quel suo
dire ad alta voce ciò che gli altri tacevano ma pensavano.
Furbo, con l'intelletto adeguato alla sua mente, il Casimiro
aveva intuito il ruolo da assumere: diventare l'interprete
dell'opinione dei paesani e magari, chissà, il cantore.
A beneficio dell'osteria, s'intende!".
La formula finale - s'intende!
- pur presente in Manzoni ("amico, al modo ti tutti
gli altri, s'intende" sull'amicizia tra Don Rodrigo
e l'Innominato) ci mette sulle tracce della prosa pirandelliana
(dove la ritroviamo soprattutto nelle novelle e nei romanzi):
non a caso la parola "sbalzelloni", con
cui Pirandello soleva definire la sua prosa, fa capolino
nel romanzo della Primavesi, letterario sì, ma percorso
dalle folate dell'oralità (pur non tentandone minimamente
un calco).
Questo linguaggio viene allora lardellato
di frasi dialettali: espediente naturalistico, poiché
il dialetto viene adoperato per il discorso diretto, ma
ancor più elemento straniante. Anziché impastare
i due livelli linguistici (con formule espressioniste che
da Gadda porterebbe, alle nostre latitudini, all'italiano
di Orelli e ancor più baroccamente di Maccagno),
Primavesi mantiene isolati, brevi, incisivi gli interventi
nella "lingua dei padri", che il più delle
volte sono piuttosto apoftegmi o detti memorabili ("poca
bèla la vö vess!", "Tegnìm,
tegnìm, che mi 'l còpi!", ecc. con
traduzione in nota a fondo pagina), quasi che il dialetto
fosse una sorta di repertorio di frasi fatte immutabili
da sempre.
Ed è proprio questa l'abilità
dell'autrice: per immergere il suo lettore in un "piccolo
mondo" osservato con bontà ma senza ammirazione,
L'oro di Podirago si propone come una sorta di storia
già sentita e già masticata. Prova ne sia
che la trama - la scoperta dell'oro da parte dello spazzino
comunale di un villaggio di trecento anime e le conseguenze
"avventure dell'arricchimento" - è
una sorta di novelisation di uno sceneggiato televisivo
dialettale, scritto da Francis Borghi (marito della Primavesi)
e diretto da Vittorio Barino, tra il 1981 e il 1987, il
cui titoloLa röda la gira, è citato nel
romanzo. (Anche se, malgrado la cronologia delle opere,
può rimanere il dubbio se il romanzo è nato
prima o dopo lo sceneggiato.)
Ha ragione in questo senso - per
quanto possa apparire paradossale - Franco Lanza, nell'introduzione,
a far notare che questo primo romanzo di Franca Primavesi
è soprattutto un'operazione postmoderna - e ha un
importanza solo relativa sapere se questa postmodernità
sia stata calcolata e voluta dalla scrittrice o meno. Gli
echi di una letteratura del territorio - non più
aspramente problematica come in Martini, o metafisica come
in Filippini o Poma - sono il cardine di questo ritorno
a un romanesco a-problematico, che si può forse dire
post-moderno poiché vive nel regno del già-detto,
ma che non conosce sostanzialmente il clangore del metadiscorso.
La vicenda raccontata, alla fine, volge all'avventura, per
assumere le tinte di un poliziesco nostrano, in una sorta
di accumulazione sensazionalistica in cui trova posto, volta
volta, il sentimentalismo, la nostalgia pei "tempi
andati" e la fiducia nel medicamento del tempo.
Ma si badi: gli elementi tradizionali sono come filtrati,
attutiti, canterellati, e ricoperti da una patina di bonaria
lontananza. Una corrente di ironia sottile (non estranea
a una certa tradizione giocosa ticinese) percorre allora
le pagine del libro: si pensi solo al nome della ditta creata
per la gestione delle miniere d'oro del villaggio: PODIRAGOR.SA.
O ai molti momenti in cui la Vox populi si trastulla
in pettegolezzi e supposizioni.
Se il romanzo si legge allora d'un
fiato, torna alla mente il talento popolare di Carolina
Invernizio, autrice non a caso lodata da Antonio Gramsci,
ripetitiva forse, ma nel solco tracciato di un narrare per
luoghi comuni, molto più vicina al vissuto "narrativo"
delle masse. Ed è per questo che L'oro di Podirago
è interessante: l'immaginario ticinese si è
nutrito per decenni di una produzione culturale di questo
genere (sia detto senz'ombra di moralismo), soprattutto
attraverso le commedie dialettali radio-televisive: il romanzo
di Franca Primavesi torna a ricordarcelo, con la leggerezza
e il candore necessari a non farci sentire come un peso
l'assunzione di una parte della nostra tradizione culturale.
L'oro di
Podirago, prefazione di Franco Lanza, Pregassona, Fontana
Edizioni, 2003
Pierre Lepori
© Culturactif (marzo 2004)
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L'oro
di Podirago, La Regione |
Franca Primavesi e
l'oro di Podirago
Il libro premio speciale della Giuria allo Stresa 2003
La scrittrice ticinese Franca Primavesi
ha vinto il Premio speciale della Giuria al Premio Stresa
di narrativa 2003 con il suo romanzo "L'oro di Podirago".
La vicenda si svolge a Podirago,
paesino di montagna dove la vita scorre tranquilla, cadenzata
giorno dopo giorno da matrimoni, funerali, nascite, partenze
e arrivi, liti e rappacificazioni. Un microcosmo retto da
ritmi lenti, antichi, dalle piccole vicende quotidiane,
da legami saldati dal tempo lontano e per certi versi ostile
e incomprensibile, il capoluogo cittadino della valle comincia
però a esercitare il suo influsso anche sui piccoli
comuni. Un nuovo negozio di salumeria, un'impresa di pittura,
lievi cambiamenti che sembrano anticipare rivolgimenti più
radicali e irreversibili.
L'equilibrio che regge le sorti del
paese viene però incrinato da una scoperta sensazionale.
Nel Vallone, luogo adibito a discarica comunale, "una
valle profonda (
) una ferita inferta al bosco da chissà
quale tormento naturale", viene scoperto l'oro.
Lo scopritore è il Pepp, contadino e addetto comunale
alla raccolta dei rifiuti, soprannominato "ol Carèta"
per via del carretto utilizzato per il suo lavoro. Personaggio
davvero singolare il Pepp. Di umili origini, ma con una
buona istruzione garantitagli dagli sforzi della famiglia
che lo mandò in collegio, di natura taciturna e riflessiva,
tanto che ogni sua parola era frutto di "lungo pensamento",
riesce a sposare Gina, la figlia del "paesan sciòr".
L'ira del padre, contrario al matrimonio, non si fa attendere.
"I magütt e i strascioni i porta mìa
fortüna ai tosann di sciòri!" sentenzia
il ricco e presuntuoso notabile.
Conscio dell'importanza e della fortuna
della sua scoperta, Pepp riuscirà ad acquistare il
Vallone, fermamente convinto di riuscire a imprimere un
radicale cambiamento alla sua vita. Dapprima tenuta segreta,
la notizia del prezioso ritrovamento si diffonde ben presto
a macchia d'olio. L'equilibrio sociale del paese si incrina.
Violente invidie, vecchi rancori mai sopiti, continui sospetti
e l'arrivo di personaggi ambigui attirati dal miraggio della
ricchezza facile e convinti di poter abbindolare gli ingenui
paesani rompono l'apparente idillio. L'illusione del cambiamento
si dissolve ben presto travolgendo gli abitanti di Podirago
e lasciando dietro di sé strascichi dolorosi. "L'oro
che pareva certo ed assodato scompare via via alla vista
come una favola, per riapparire soltanto alla fine, quando
i protagonisti giovani (
) avranno già fatto
le loro scelte di vita e d'affetti al di fuori del fascino
allegorico di Mida" (dalla prefazione di Franco
Lanza).
L'autrice riesce con abilità
a tratteggiare il carattere dei protagonisti del romanzo,
ricorrendo con frequenza al colore e all'originale forza
espressiva del dialetto. Una vicenda che fa esplodere il
quieto vivere del paese e, per usare ancora le parole di
Lanza "dilata l'idillio agreste in una aggiornata
macchina romanzesca che accoglie un po' tutti gli ingredienti
del postmoderno".
L'oro di
Podirago, prefazione di Franco Lanza, Pregassona, Fontana
Edizioni, 2003
© La Regione
10.1.2004
Page créée le: 01.03.04
Dernière mise à jour le 01.03.04
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