Giuseppe Curonici
Nell'isola distante, Novara, Interlinea, pp.
192.
Version imprimable
Retrouvez également
Giuseppe
Curonici dans nos pages consacrées
aux auteurs de Suisse.
Giuseppe
Curonici / Nell'isola distante |
ISBN 88-8212-457-6
|
"Un paio di giorni or
sono, egregio signor Alberico, qualcuno che lei conosceva
ha commesso un gesto insano, così lei mi spiegava,
e io la ringrazio per la cortese informazione. Per
fortuna, qui il suddetto evento non c'entra niente.
Uno parla, dice una cosa, e intanto ne dice anche
qualche altra. Forse non voleva".
Giuseppe Curonici, torna con
un nuovo romanzo, svelamento di un uomo che è
stato capace di uccidere e che ora pensa di nascondere
la propria natura dietro le forme e i colori di un
ritratto celebrativo. Ma il pittore incaricato dell'opera
non è disposto a subire l'inganno e si ripromette
di fare della pittura lo strumento di una "coscienza
consapevole". Sotto la luminosa e tranquilla
superficie del mare e del cielo di un'estate in riviera,
l'apparente neutralità del narratore, come
ha notato Cesare Segre, è sempre carica di
tensione. Un'opera di narrativa ambientata tra seconda
guerra mondiale e fine Novecento, tra giallo e introspezione.
|
|
Giuseppe Curonici, 70 anni, laureato in filosofia
teoretica all'Università Cattolica di Milano,
dove ha seguito anche corsi di storia dell'arte, ha
studiato a lungo privatamente musica. Nel 1979 è
stato eletto nel comitato della CORSI. Dal 1986 al
1999 è stato direttore della Biblioteca cantonale
di Lugano. Scrive regolarmente di arte contemporanea
e fa parte da anni della giuria del Premio Chiara.
Nel 2002, con L'interruzione del Parsifal dopo
il primo atto (Interlinea), ha fatto il suo esordio
come narratore, ottenendo il premio "Bagutta
opera prima".
Nell'isola
distante, Novara, Interlinea, pp. 192.
Giuseppe Curonici ne s'est
pas seulement distingué dès ses débuts
littéraires par la qualité de son travail
(L'interruzione del Parsifal dopo il primo atto,
Interlinea 2002): son parcours est lui aussi atypique,
puisque l'ancien directeur de la Bibliothèque
Cantonale de Lugano publiait là son premier
roman à l'âge de la retraire, et annonçait
que ses tiroirs regorgeaient d'autres textes élaborés
en silence pendant des années. Le deuxième
roman de Curonici, L'isola distante, confirme
la portée du talent de son auteur. D'une grande
richesse philosophique, il se distingue par une construction
plus complexe que le premier, et un style plus incisif
et fragmenté. On y rencontre un peintre à
qui un riche industriel, ancien nazi, commande un
protrait. Loin de remplir les objectifs de son commanditaire
à la recherche de prestige, l'artiste se promet
faire de son travail un outil de conscience.
|
|
|
Nell'isola
distante di Giuseppe Curonici (Pierre Lepori) |
Con L'interruzione del Parsifal
dopo il primo atto Giuseppe Curonici aveva segnato un
ingresso sbalorditivo nel mondo letterario italiano: ticinese
settantenne, già direttore della Biblioteca Cantonale
di Lugano, questo fine intellettuale e critico d'arte aveva
atteso fin dopo la pensione per dare alle stampe il frutto
letterario di anni di lotta con la pagina scritta. Il romanzo
- una intensa, rapsodica, commovente plongé nel
genio umano, attraverso la bellissima figura di un direttore
d'orchestra enfant prodige, scivolato nei meandri
della follia - ha da subito convinto critica e pubblico,
giungendo in pochi mesi a una seconda edizione e vedendosi
attribuire il prestigioso Premio Bagutta 2002 per l'opera
prima. Ma Curonici afferma di avere in serbo decine di migliaia
di pagine, quindici romanzi da anni scritti in parallelo:
sapevamo dunque che molte altre sorprese ancora ci riserva
questo "esordiente", erudito e giocoso.
La prima sorpresa - leggendo il secondo libro appena dato
alle stampa L'isola distante - è la singolare
intensificazione dello stile di Curonici. Frasi brevi, incisive,
rotte qua e là da sapienti descrizioni che possono
richiamare la pittura metafisica o Hopper, affidate in gran
parte alle voci dei personaggi principali, in una sorta
di conversation piece dai toni solo apparentemente
fatui, molto più spesso sferzanti e amari. Al centro:
la storia di un ritratto, un pittore, un committente, quello
che può svelare e celare nell'esporsi all'artista.
Il racconto è composito, polifonico e si apre a plaghe
più direttamente narrative, caratterizzate da un'ironia
sferzante, come la magnifica scena della sfilata di moda,
organizzata da una sperluccicante e improbabile signora
Bathory, che tutto subordina alla bellezza del gesto (ma
ormai, a quanto pare, gelatinosa e decaduta). In altri casi
sono le riflessioni filosofiche, non prive di mordente,
o di impennate surrealiste, a sciogliere la tensione dei
continui dialoghi ("Certe grandiose musiche in fondo
all'anima echeggiano tristissime e empie nello stesso tempo
fanno un effetto esaltante, perché uniscono la vita
e la morte. I pittori sopra il vuoto e le tenebre hanno
dipinto forme dai colori incantati, con i quali mostrano
lo slancio, la forza, l'audacia della vita. Come lampi.
Sotto c'è la morte. Nei quadri di Van Gogh il turbine
è molto vicino e si percepisce nettamente. Dal profondo
sale dentro i cipressi, che si torcono").
Con una varietà compositiva impressionante - che
può ricordare certe mise en abyme romanzesche
di Kundera - Curonici riesce un romanzo dagli ingranaggi
impetuosi, che se talvolta scoraggia il lettore con l'affastellarsi
delle sue molte voci, lo conduce infine a una riflessione
sull'arte che unisce intensità stilistica e labirintica
complessità filosofica: "Tu vorresti un volto
isolato come un blocco di basalto. Non avrebbe senso. Il
ritratto si fa a tutti o a nessuno. Per vederci chiaro ci
vogliono le connessioni totali e complete con tutti gli
altri, e questo è il Giudizio Universale. In un certo
senso il mio mestiere è impossibile".
Pierre Lepori
|
|
Sette
domande a Giuseppe Curonici |
Conoscendo il gran numero di manoscritti
che lei elabora e rielabora dagli anni '60 in poi (senza
tuttavia pubblicarli), viene la curiosità di sapere
se questa intensificazione stilistica corrisponda a un'evoluzione
della sua "maniera narrativa", o se è il
diverso tema a portare questo secondo libro a una tale raffinatezza
(quasi decostruttiva) della narrazione. In che modo ha elaborato
questo romanzo, così espressivamente denso, in cui
i vari racconti, le varie voci, sembrano precipitarci in
un gorgo conturbante?
Nel precedente romanzo, L'interruzione
del Parsifal dopo il primo atto, il protagonista era
un uomo isolato che lentamente affonda nella sua solitudine.
Davanti a lui c'è un discepolo che lo ascolta. Il
linguaggio usato era quasi soltanto quello interno a tale
colloquio. Nell'isola distante il protagonista è
un uomo d'azione immerso nelle vicende politiche e nella
vita mondana del nostro tempo. Nell'estate del 1965 ho davvero
udito un ex comandante fascista raccontare una barzelletta
non da ridere ma da piangere. Guardando com'è costruita
la barzelletta triste, si scopre che essa contiene in sintesi
la vita di chi l'ha narrata, inserita nel contesto storico,
in mezzo a persone differenti, con alcune paurose ombre.
Da queste situazioni deriva che gli episodi non sono schierati
in successione lineare, ma formano un montaggio a rete.
Quasi negli stessi anni ho conosciuto un'importante corrente
culturale: la neoavanguardia italiana, il Gruppo 63. Ricordo
che Enrico Filippini aveva organizzato in Ticino un incontro
con Edoardo Sanguineti. Questo movimento, che mi interessava
moltissimo, mi ha stimolato a respingere una volta per tutte
la narrazione di solo intrattenimento, la letteratura sentimentale
e pressappoco naturalistica, conformista e incosciente.
E ho sentito la necessità di svolgere un tipo di
racconto curato in modo da avere la massima trasparenza
possibile. La massima consapevolezza. A questo scopo ho
adottato vari punti di vista differenziati che si controbattono
e si controllano l'uno in opposizione all'altro. Le memorie
di un assassino pubblico diventato industriale di successo,
i quadri dell'artista che si sforza di capirlo perché
deve fargli il ritratto, il racconto di un medico militare
con una mano sola, il contesto economico rappresentato dal
finanziatore ex-cattolico passato al nichilismo.
La "trama" di questo romanzo
ruota attorno a un interrogativo meta-narrativo: è
possibile fare il ritratto (è il pittore Walter a
doverlo fare dell'industriale Alberico) di una persona,
con le sue contraddizioni e il suo pirandelliano "teatro
di personaggi scatenati". A differenza di Pirandello,
che lavorava in una tradizione ancora in parte verista,
il suo lavoro letterario mi sembra che cerchi anche a livello
stilistico di rendere questa "illusione saltata
in aria" della personalità. Possiamo dire
che lei cerca ne L'isola distante di rendere con
lo stile la frammentazione dell'identità e del mondo?
Ho fermissima fiducia nel valore
della comunicazione, la quale però non è un
dono automatico, ma il prodotto di un lavoro. L'argomento
che ho trattato è grave per conto suo, non potevo
sottoporre il lettore a troppa fatica caricandolo anche
di un linguaggio oscuro e complicato. Ho usato vocaboli
comuni e frasi brevi per facilitare il rapporto con il destinatario.
Alcuni pezzi sono in linguaggio collettivo impersonale:
stile popolare per la storia di padrone e cane, classico
per un episodio della mitologia antica, scientifico tascabile
per le notizie dell'enciclopedia dei cani. Ho cercato di
eliminare il punto di vista del narratore onnisciente che
sa tutto persino i pensieri segreti delle persone; riferisco
le parole e descrivo i gesti dei personaggi percepiti dall'esterno
(che è ciò che succede in realtà quando
conosciamo qualcuno) in modo che il lettore possa provvedere
di forza propria a capire l'animo di questi esseri. A sua
volta lo stile breve ha un effetto di analisi, ossia aiuta
a concentrare lo sguardo sui vari argomenti a uno a uno,
in modo quanto possibile chiaro e distinto. Non tocca a
me dire fino a che punto ci sono riuscito. È il mio
programma di lavoro, metà per istinto e metà
per riflessione. La frammentazione dell'identità
dell'individuo e del mondo, è la situazione in cui
si trova gran parte della reltà di tutti i giorni,
a vari livelli, anche se non annulla la responsabilità
di che cosa uno vuole e fa. Però questo problema
appartiene al contenuto delle vicende e dei personaggi,
non all'espressione. Detto ciò, l'espressione chiara
e analitica aiuta a smontare i pezzi della realtà
(decostruzione) per vedere come è fatto il meccanismo
d'assieme.
Se il cardine del libro precedente
era il sentimento del tempo e una triste malinconia con
cui il giovane protagonista osservava il genio ormai decaduto,
questo secondo romanzo è dominato da un tono aspro:
le voci dei personaggi si intrecciano e raccontano, discettano,
analizzano, con una particolare propensione al cinismo (soltanto
alcuni personaggi femminili sembrano resistere a una sorta
di generale pessimismo). La voce del narratore, come detto,
non trova posto in questo affastellarsi di massime e considerazioni
disincantate sull'umano potere e su un mondo molto simile
all'alveare di Mandeville. C'è nel romanzo un'acre
ritratto di una società ormai giunta al massimo grado
di cinismo, di qualunquismo. Ma è il pittore, ancora
una volta, e proprio alla fine, a prendere il largo e a
decidere che il suo ritratto non può che affrontare
il caos e la malvagità del suo committente. Ne L'isola
distante, alla fine, l'arte si oppone all'orrore. L'arte
è dunque per lei il massimo punto di concentrazione
etica? E possiamo vedere un parallelo tra la sua lunga attesa
prima di pubblicare e il rovello del pittore Walter?
Scopo del lavoro culturale è
produrre meditazione e consapevolezza, fornire un chiarimento
della coscienza: le scienze, la filosofia, la psicoanalisi,
la storia, la meditazione buddista e altre attività.
Anche l'arte. Abbiamo qui due questioni distinte e collegate.
L'arte è in primo luogo uno dei massimi punti di
concentrazione della consapevolezza, della riflessione approfondita.
In secondo luogo contiene concentrazione etica, o può
contenerla. Uno dei massimi scopi della coscienza consapevole
è opporsi all'orrore del mondo. Un altro (forse sinonimo
del precedente) è l'amore del prossimo. Per un artista
la concentrazione etica è una necessità professionale.
Se questa potenzialità non viene attualizzata, immediatamente
il lavoro si impoverisce e la qualità comincia a
diluirsi. Il rovello del pittore Walter prima di mettersi
a dipingere un ritratto è un equivalente dei tanti
anni di cui ho avuto bisogno io nel costruire il libro.
L' attesa esprime la speranza di potercela fare solo a condizione
di raccogliere le forze e lavorare a lungo. Quando dopo
anni il lavoro è concluso, allora finalmente si può
cominciare a un livello un pochino migliorato. E così
di seguito.
La crudeltà umana, il Male,
è il grande tema sotterraneo del romanzo, rappresentata
in particolare dal mastodontico e tozzo Alberico (non a
caso ancora il nome di un personaggio wagneriano), con il
suo (quasi vantato) passato terribile di aguzzino. Nonostante
l' "appello" finale per l'impegno etico degli
artisti, il suo romanzo lascia un profondo disagio per le
abiezioni descritte. E' una scelta volontaria?
No. La mia scelta volontaria è
stata questa: guardarmi attorno e cercare di vederci chiaro.
Se poi ciò che si trova risulta pauroso e doloroso,
questo non dipende dalla volontà dello sguardo che
osserva, ma dalla realtà osservata. Nel 1945 nel
bombardamento sui quartieri popolari di Tokyo sono state
bruciate vive più di centocinquantamila persone,
perché gli Alleati hanno fatto apposta a usare bombe
incendiarie su una popolazione che viveva nelle case tradizionali
di legno. È una delle tante notizie che si sono cercate
di nascondere, ma poi si è saputo lo stesso. Una
delle affermazioni più importanti della tradizione
biblica e cristiana è la presenza del peccato originale.
L'impero del male è la parte di malvagità
contenuta nell'interno dell'essere umano. Non gli avversari
politici ma noi. Albert Camus dice che la peste non è
mai definitivamente abolita. Bisogna conoscerla, fissarla,
non averne paura, e allora si può tenerla a bada.
Mai abbassare la guardia, mai stancarsi. È un lavoro
faticoso e continuo. Per uccidere un uomo bastano pochi
istanti, per la risurrezione pare che ci vogliano tre giorni.
Molteplici sono i riferimenti eruditi
che costellano la sua narrazione: dall'opera lirica, alle
leggende, al mondo scientifico (impressionanti le osservazioni
tratte dai manuali cinofili). L'altra grande presenza forte
è, ovviamente, la storia dell'arte: da Rembrandt
a Bacon, non pochi sono i pittori che incrociamo in Nell'isola
distante. C'è una continuità tra il suo
lavoro di critico d'arte - già ampiamente riconosciuto
- e l'impegno narrativo?
La conoscenza dell'arte è
un esercizio a riflettere sul significato delle immagini
viste. Un ritratto aiuta gli altri a percepire bene in faccia
le persone, e cercare di capirle. Inoltre l'arte figurativa
è un allenamento della memoria visiva: se ho imparato
a ricordare un volto dipinto, potrò ricordare anche
un volto o un gesto dal vero. Per quanto riguarda il modo
di scrivere, mi pare che l'esercizio della narrativa mi
sia servito almeno un po' a chiarire le frasi negli articoli
di critica d'arte.
Al centro di Nell'isola distante,
continuamente rievocato come la variazione di un tema musicale
(procedimento ormai tipico, si può dire, della prosa
di Curonici), v'è "L'apologo di Medoro",
storia del cane che, dopo aver tratto in salvo su un isola
il proprio padrone, per solo ringraziamento viene da lui
mangiato. Quest'apologo, e altri exempla e detti, spesso
crudeli, trapuntano sardonicamente tutto il romanzo. Ancora
più forte, appare allora la volontà, più
che di raccontare una vicenda, di costruire una sorta di
romanzo filosofico. In che misura, per lei, è importante
la tensione filosofica in ambito narrativo?
Sì. La filosofia procede con
la riflessione radicale astratta. L'arte invece adopera
immagini fantasiose e se possibile emozionanti. Una narrazione
che si accontenta di fotografare fatti è un oggetto
incompleto, poco significativo. Soltanto una soap opera.
Bisogna pur sforzarsi di capire che senso hanno i fatti,
qual è il loro valore. Una filosofia può essere
esplicita, o anche soltanto implicita e soggiacente, ma
è un'esigenza primaria per ogni essere umano. Emanuele
Kant dice che l'esperienza sensibile senza intelletto è
cieca, e l'intelletto senza l'esperienza sensibile è
vuoto. Ci vogliono tutt'e due. La realtà si manifesta
nel pensiero concettuale a base concreta.
La domanda è d'obbligo, viste
le sue anticipazioni, che ingolosiscono assai il lettore:
quale altro romanzo sta prendendo la via "definitiva"
della pubblicazione? Quali altri temi ribollono nel suo
calderone creativo e secondo quali priorità vi lavora?
Ed infine: quale rapporto intrattiene - dopo quarant'anni
di frequentazione intima - con questi due primi romanzi
che sono diventati pubblici?
In questi mesi sto rifacendo una
storia che ho iniziato a scrivere tra il 1963 e il 65, lasciata
interrotta per trentotto anni, e portata a conclusione nel
2003. Forze ignote l'hanno espulsa dal buio e fatta riaffiorare
in luce. Mi è imposibile dire perché. La scelta
è inconscia. Me la trovo davanti. Indico i soggetti
di dieci o dodici libri, tutti da riscrivere parecchie volte
ancora.
Un musicista postnazista uccide un collega democratico.
Alcuni signori imbastiscono una truffa per dodici milioni
di euro con un quadro di Cézanne, il quadro è
sparito e non si riesce più a dimostrare se sia vero
o falso.
Una storia d'amore finisce in cenere, intanto la città
è assediata e la cattedrale finisce in schegge; sopravvive
solo un modellino in scala 1 / 100.
Dieci disabili in una clinica confrontano i fatti loro e
concludono che l'infelicità deriva non dall'handicap
ma dalla mentalità sbagliata della civiltà
consumista individualista. Trovare le origini di tale civiltà.
Il Titanic affonda ogni giorno, se è affondato è
sbagliato voltarsi indietro nel tentativo di ripescarlo
(in versi).
Giuditta seduce Oloferne e lo decapita, sarebbe bello sapere
perché.
Conversazione con replica. Uomo e donna. Teatro. Nel secondo
atto si ripetono esattamente le stesse parole del primo
atto, ma rovesciando le parti. Ciò che ha detto l'uomo
ora lo dice la donna, e viceversa (esiste attualmente in
forma di radiodramma, ma dev'essere rifatto).
Racconti.
Altra serie di racconti, più brevi.
Il Buddhismo, elementi per cominciare.
Uno studio semiotico dei sistemi visivi a confronto con
i sistemi verbali. Fare l'inventario di tutti i motivi per
i quali una casa fotografata o disegnata non ha lo stesso
senso di una casa pronunciata a voce.
Esercizi di testi in versi.
Alcuni altri argomenti per i quali sul momento dispongo
solo di appunti allo stato greggio.
Intervista a cura di Pierre Lepori
|
|
Cinque
aforismi sul realismo in letteratura (Giuseppe Curonici) |
|
Rassegna
stampa (Nell'isola distante) |
È un romanzo semplice e difficile,
Nell'isola distante, la seconda prova narrativa di Giuseppe
Curonici. Nelle 186 pagine ci sono tutte le passioni dello
scrittore ticinese: la filosofia, la semiotica, la psicologia
e l'epistemologia dell'arte. D'una profondità rara,
il romanzo ruota attorno ad un'occasione scatenante quasi
banale: la piú triste barzelletta del mondo. (
)
In una progressione inarrestabile (ma sempre espressa con
una terminologia affatto complessa) il lettore è
come catturato dall'evolversi della narrazione e la sfida
di cultura, di sensibilità, di pensiero tra Alberico
e Walter si tinge di leggera tensione. Con un finale che
non vogliamo qui rivelare, basterà dire che il pittore
dopo aver amaramente constatato che "Alberico non vuole
lasciarsi conoscere ma solo replicare" deve ammettere
la sua paura, "perché devo affrontare i miei
pensieri non quelli di un altro". La vittima che diventa
carnefice e/o viceversa? Non solo, non c'è solo questo.
Nell'isola distante ha però un altro grande merito,
quello del riuscire a trovare un linguaggio semplice ma
non banale per una vicenda pregna di sottigliezza di pensiero.
È un romanzo scritto di testa, addirittura migliore
di Interruzione del Parsifal dopo il primo atto (premio
Bagutta opera prima), esordio di un paio di anni fa.
Nell'isola distante, Novara, Interlinea,
pp. 192.
Fabrizio Quadranti
24/2004 - 09.06.2004
Presentando a Lugano quella è
la novità dell' anno della narrativa della Svizzera
Italiana, il secondo romanzo di Giuseppe Curonici (
)
era facile, per l' autore di questa segnalazione, rifarsi
a Pirandello. Il quale, per dirla bene come la dice Giacomo
Debenedetti, è uno di quegli autori in cui "
vicende e personaggi si mettono a esporre e discutere le
proprie ragioni, motivi e insomma quella più o meno
organica idea della vita e del mondo, della quelle essi
- vicende e personaggi - sarebbero l' illustrazione, l'
esempio, la dimostrazione incarnata " .(
) Anche
Curonici, come Cassiano, si propone di far funzionare, insieme,
il discorso filosofico e l' exemplum. La preoccupazione
ammaestrativa c' è. Con il filosofo vive l' educatore.
Un solo esempio fra i molti: la storia di Medoro, un cane,
che comincia in modo classico con il " C'era una volta...
" . C' era una volta un naufragio. Il cane Medoro salva
il suo padrone. I due finiscono su un' isola. E i viveri?
Spinto dalla fame, il padrone decide di cucinare e mangiarsi
il suo salvatore... Andare a vedere, p. 72, l' analogia
del gesto di " difesa " di Medoro con il gesto
di difesa del partigiano nel tentativo di difesa dal suo
killer, così come è mimato dal killer- narratore,
Alberico: situazione angosciosa stratificata, a più
piani... Curonici è molto abile nel montaggio. Interessate
diventa tra l' altro vedere come l' autore " maneggia
" la storia del cane, che mangerà, invitato
alla cena funeraria, le sue ossa. Cosa farebbe con una storia
così un Beckett? cosa un Pirandello? Cosa farebbe...
prendete un favolista come il La Fontaine che è remotissimo
( pare) da Pirandello. Prendete Les deux pigeons, Fables,
IX, 2. Un piccione, allettato da compagnie di viaggio, vuole
andare alle Seychelles, vuole esperienze nuove. Ne vedrà
delle belle. Donde una prima grande svolta: Amants, heureux
amants, voulez vous voyager? / que se soit aux rives prochaînes:
non alle Seychells, ma qui, facciamo a Pugerna. Poi un'
altra svolta: il confrontoscontro tra l' immaginativa giovanile
e i disinganni della tarda età: Ajje passé
le temps d' aimer? Per vedere come La Fontaine tesse i vari
passaggi da una situazione favolistica all' interrogativo
circa propri casi " esistenziali " , dall'evento
al pensiero, troviamo una splendida guida in quello scalco
eccezionale che è Leo Spitzer, che in un saggio del
1938, dedicato a Benedetto Croce per i suoi settant' anni,
dà una grande lettura dell' arte della transizione
in La Fontaine ( in Critica stilistica e storia del linguaggio,
Bari, Laterza, 1954). Il Curonici, è qui che si voleva
arrivare, è fortissimo nell' arte della transizione,
nel montaggio, nel passare da una situazione " favolistica
" alla " considerazione " ( guardare il concatenato
cielo stellato: considerare). Lo fa nel ricordo dell' ammaestramento
latino: " ridendo dicere verum " : ma si vada
a vedere lo Spitzer ricordato, in particolare alla nota
6 di p. 214.
Giovanni Orelli
n.24 - 2004
Due anni fa uscì un romanzo
di eccezionale bellezza, opera di un autore di lingua italiana.
Noi ci affrettammo a segnalarlo. S'intitolava L'interruzione
del Parsifal dopo il primo atto, l'autore era Giuseppe
Curonici, un anziano signore ticinese, bibliotecario e critico
d'arte, che teneva i suoi romanzi nel cassetto. Una sua
riga vale abbondantemente la carriera di tanti scrittori
oggi onorati da premi e convegni di studi. Chi scrive ne
fece una recensione piena di entusiasmo e ammirazione, che
l'editore (Interlinea di Novara) ricorda nel biglietto accluso
alla spedizione del nuovo romanzo di Curonici, Nell'isola
distante nella speranza che quella foga (forse leggermente
ottusa) si ripeta nella nuova occasione. Ma i sentimenti
del recensore devono obbedire all'oggetto, e Nell'isola
distante non chiede entusiasmo, non lo vuole. Dargliene,
sarebbe un'ingiustizia. Qui si chiedono riflessione e disponibilità
a rivedere le proprie idee. Il libro è un'avventura
della mente. (...) Il testo si presenta come una sorta di
dialogo platonico. O, meglio: di prosopopea platonizzante.
Un mare immobile ma sempre pericoloso a fare da sfondo.
E poi un cane. E sedie, bibite, gelati. E foglie acuminate
di rosa. Una bella conversazione, incurante della notte
che scende e poi passa e del giorno che rinasce. Ma, alla
fine, nessuno si salva dall'onda: né i conversanti
né il lettore. (...) Così la svagata conversazione
in terrazza assume la sua forma vera. Potremmo dire: di
preghiera corale. Ma questa è una scoperta che si
può anche non fare.
Luca Doninelli
Page créée le: 28.06.04
Dernière mise à jour le 29.06.04
|
|
© "Le Culturactif
Suisse" - "Le Service de Presse Suisse"
|
|