Sylvie Neeman Romascano
Notice biographique
- Bibliographie -
Sylvie Neeman Romascano : un esordio sottilmente commovente
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Rien n'est arrivé - Non è successo niente
Notice
biographique |
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Sylvie Neeman
Romascano est née le 9 mai 1963,
de deux parents musiciens. Elle a effectué
toute sa scolarité à Lausanne, ainsi
que l'Université, où elle a obtenu
une licence en Lettres. Elle a deux filles, dont
elle s'est occupée tout en donnant des
cours de français et de littérature,
et en collaborant à la revue Ecriture.
Après la naissance de ses enfants, elle
s'est intéressée à la littérature
pour la jeunesse et, de collaboratrice régulière,
elle est devenue rédactrice responsable
de la revue Parole,
qui est l'organe de l'Association romande de littérature
pour l'enfance et la jeunesse (Arole). Elle écrit
également des chroniques de littérature
pour la jeunesse dans Le Temps. En 2001, elle
a publié son premier roman, Rien
n'est arrivé, chez Denoël (Prix
de la Bibliothèque Pour Tous 2003). La
traduction en italien de cet ouvrage paraîtra
à la fin de l'année. Elle vit aujourd'hui
à Montreux.
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Bibliographie |
Rien n'est
arrivé, éditions Denoël, Paris,
2001. (Prix BPT 2002)
Traduction allemande : Nichts ist geschehen : Roman ; aus dem Franz. von Claudia Steinitz, Rotpunktverlag, 2010. |
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Non è
successo niente, trad. e cura di Monica Pavani, L.
Tufani, 2004 |
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Mercredi à la librairie, Editions Sarbacane, 2007 |
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Il faut le dire aux abeilles, Editions La Joie de lire, 2011 |
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Sylvie Neeman Romascano
: un esordio sottilmente commovente |
Il tema del ritorno sul passato e sulle
proprie origini, soprattutto italiane, sembra essere un vero
e proprio topos della letteratura svizzera di lingua francese.
La figura di un padre amato e perduto ne Le portes du Jour
di Anne Cuneo, di un genitore amaro e tirannico in Un homme
tragique di Silvia Ricci Lempen, lopera dallidentità
lacerata di Adrien Pasquali o il fortunato racconto de LItalienne
in cui Sylviane Roche aveva dato voce a Marie-Rose de Donno.
Sono tutti esempi di un ritorno alle origini in cui dalla
Romandia si guarda al Bel Paese.
Nessuna sorpresa dunque che Sylvie
Neeman Romascano voglia esordire con un romanzo che ha per
protagonista una donna Dora che attraversa lItalia
in treno per accorrere al capezzale di un padre morente. Ma
la neo-romanziera decide di prendere il tema a contropelo.
Anzitutto stilisticamente: con procedure che non possono che
ricordare il nouveau roman in particolare la superficialità
della scrittura di Robbe-Grillet e il minimalismo di Duras
Neeman Romascano impone al lettore un approccio sentimentalmente
straniato di questa discesa verso Sud. Dora osserva
ma la narrazione è un po artificialmente caratterizzata
dal pronome on così tipicamente francese
i piccoli casi delle vite altrui, il breve incrociarsi
di drammi e consolazioni, con una tendenza sapientemente dosata
alla divagazione, addirittura allaffabulazione. A mano
a mano che il viaggio procede, e che Dora decide di lasciarsi
guidare dai casi minimi che la spingono tra le braccia di
un occasionale compagno di viaggio, questa triste fiducia
nella casualità dellesistenza la porterà
non soltanto ad arrivare troppo tardi al funerale di famiglia
evitando un passato che per brevi cenni si intuisce
tragico e quasi indicibile ma anche ad accettarsi e
ad accettare le occasioni che la vita le offre. Tutto questo
parrebbe forse sentenzioso e buonista, se il tono
di fondo non restasse sempre teneramente distaccato: sembra
di sentire in sottofondo Jane Birkin che canta con tristezza
ce sont des petits rien. Ma questo quasi niente
che cela unumanità estremamente pudica e sofferente,
ci regala un romanzo da cui si esce commossi.
Pierre Lepori
Radio Svizzera Italiana
Rete2
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Rien
n'est arrivé |
ISBN 2-207-25148-9
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Une jeune femme se rend
au chevet de son père mourant, quelque
part dans le sud de l'Italie. Tout à coup
le train s'arrête en rase campagne, quelqu'un
s'est jeté sous la locomotive. Un homme
vient s'asseoir en face d'elle, dans le wagon-restaurant.
Ils font connaissance, bavardent un peu, puis
se quittent, et finissent par se retrouver. Il
descend à Florence, où l'attendent
ses enfants qu'il a eus d'une femme dont il vient
de se séparer. Elle l'accompagne, patiente
dans un restaurant de la ville, rencontre les
enfants, il y a du bonheur entrevu, et comme un
remords. Le lendemain, elle poursuit son trajet,
mais arrive après l'enterrement. La vie
continue ?
Par un retour presque obsessionnel
sur l'enchaînement des événements,
par une notation du détail des lieux, des
atmosphères, des corps, des visages, Sylvie
Neeman Romascano sait entraîner son lecteur
dans un univers intime, qui a pour cadre l'italianité
comme légère étrangeté
à nos yeux et à nos oreilles. C'est
un style, une phrase, qui s'imposent ici, et qui
renouvellent le motif de la rencontre fugitive
pour un faire une sorte de petite tragédie
étouffée.
Sylvie Neeman Romascano
vit en Suisse romande, où elle est critique
littéraire à la revue Ecriture.
Rien n'est arrivé est son premier roman.
Sylvie Neeman Romascano, Rien
n'est arrivé, Editions Denoël
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Extrait de Rien n'est arrivé
...Francesco la regarde, elle, il pense
qu'elle est comme une maison dont on aurait éventré
une façade, les yeux plongent à l'intérieur,
d'elle on voit trop, on sait trop, d'elle on a soudain le
sentiment de tout comprendre, à l'image d'une chambre
qui un beau jour se retrouverait sous les regards des passants,
tous ils peuvent voir la trace du lavabo, celle d'un miroir
sur le mur, ou bien était-ce un tableau, mais c'est
peut-être la tapisserie qui touche le plus, le motif
décoloré et délicat, tant de fois contemplé
qu'on avait fini par ne plus le voir, ainsi cette femme, qui
se penche à nouveau sur l'un des enfants pour écarter
une mèche de cheveux d'une caresse douloureusement
naturelle, cette femme qu'on a un jour amputée de ces
gestes, de ces mots que les enfants font naître, Francesco
le comprend mieux à présent, alors il ne manifeste
aucune impatience, il lui laisse le temps de se souvenir,
c'est ce qui arrive, puisqu'elle se tourne vers lui, lui sourit
et dit :
- Toujours ils sentent la vanille quand
ils s'endorment.
Francesco pense qu'elle a raison, pour
l'odeur de vanille.
Un moment plus tard il proposera :
- Venez, allons ailleurs.
- Oui...
Extrait de: Rien n'est arrivé,
Sylvie Neeman Romascano, Editions Denoël
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Non
è successo niente |
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Mentre è
in viaggio verso il padre morente, Dora incontra
un uomo mai visto prima, Francesco, e, una volta
che la corsa si arrestaa causa di un suicida che
si è buttato sui binari, decide di scendere
a Prato dove vivrà con lui un'avventura amorosa
a suo modo importante, di cui tuttavia non si intuisce
la destinazione: finirà nel nulla o diventerà
la storia della sua vita? |
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Su quel treno anche la narrazione subisce
sussulti chela scuotono dal suo andamento lineare, mentre
Dora sembra solo assistere e lasciarsi verso qualcosa che
sarà solo la vita a decidere. sembra essere l'avvenimento
che cambierà la sua vita oppure, forse, "non è
successo niente".
Sylvie
Neeman Romascano è nata a Losanna e vive nei
diintorni di Montreux. Dopo essersi laureata in lettere, ha
iniziato a insegnare e ad occuparsi di critica letteraria,
nella quale si è specializzata soprattutto in letteratura
per l'infanzia. Rien n'est arrivé, pubblicato nel 2001,
è il suo primo romanzo.
Postfazione
/ Monica Pavani |
Le rien est arrivé
Per questo poetico romanzo breve, anzi
folgorante, di Sylvie Neeman Romascano, Non è successo
niente è un titolo che può sembrare fuorviante.
Anche se quello che gli calza a pennello suonerebbe indubbiamente
forzato. E tuttavia devo dire che mi ha accompagnata senza
tregua mentre traducevo questo libro, come il ritornello di
una canzone francese: Le rien est arrivé (È
successo il niente; e, "letteralmente" bellissimo,
visto che molta parte si svolge su un treno: il niente è
arrivato). A ripensarci, credo ci siano svariate e interessanti
ragioni se mi sono permessa di canticchiarmi la mia personale
deformazione del bel titolo di questa bella opera prima. Eccole.
Il romanzo di Sylvie tratta de "il
niente che accade" innanzitutto a causa dell'uso che
lei, raccontando, fa dei pronomi personali. O meglio, dei
soggetti, ancora meglio di narratori particolari, in qualche
modo labili. Perché il discorso scivola con
estrema disinvoltura dall'on impersonale al nous
collettivo e infine al tu di massima intimità nel dialogo
a due, ma anche fra sé e sé.
L'opacità delle lingue le une rispetto alle altre rappresenta
un'immensa ricchezza, dato che costringe a riflettere. In
italiano, infatti, tanto per cominciare, un degno corrispondente
dell'on francese non esiste. Certo, il 'si' corre in aiuto,
ma non gode di altrettanta leggerezza e frequenza nell'uso.
Inoltre suona parte del verbo che accompagna, mentre l'on
si comporta più da vero soggetto, che tuttavia presenta
l'indubbio vantaggio di essere impersonale. Dietro l'on
sentiamo 'tutti' o forse 'nessuno' parlare; la bellezza sua
propria è che, pur essendo un contorno indistinto,
on ha una voce decisa, e vastissima.
La traduzione, in questo caso, fa quello che può, senza
scordare che lo stile deve stupire ma anche, nonostante le
vie inusitate che sceglie di prendere, procedere a suo modo
spontaneo. Dunque: pochi 'si', e molte e continue alternanze
tra il 'noi' e il 'tu' della protagonista quando si rivolge
a se stessa quasi fosse un'altra, non estranea - ma anche
un'altra sì.
"Il niente che accade" è allora quando dentro
di sé si cede il proprio 'io', finanche il 'noi' che
ci proietta in compagnia di altri esseri umani, per farci
scendere o forse salire in quel regno dove improvvisamente
ci si può trovare (ma non era il desiderio nostro più
recondito?) a spogliarsi della propria storia e del proprio
volto. A che pro? Forse: per spostarsi dal centro, per diventare
qualcuno senza nome che smantella la propria volontà
e così facendo si conquista uno spazio per guardare
davvero la vita, per addentrarsi fin dove si cela la necessità
di esistere.
Tale luogo, che questo libro sfiora
continuamente, è la poesia, e il romanzo ne ha un estremo
bisogno. Perché la successione dei fatti, anche quando
si cerca di riassumerla a parole nel modo più chiaro
possibile, talvolta confonde, o addirittura sembra un groviglio
insensato di fili spezzati. E l'io, in ogni momento, subisce
la responsabilità di tessere, ricomporre.
La poesia invece è il non luogo e l'ovunque,
dove le cose bruciano di vita, e il suo territorio ha inizio
proprio dove i soggetti cominciano a perdere terreno. Se poi
arrivano ad abdicare del tutto, il linguaggio poetico diventa
movimento puro, azione di luce.
Il che può accadere solo quando nel quotidiano qualcosa
si spacca, qualche zolla vacilla e parte alla deriva, e un
tremore (misto di paura e trepidazione) si impossessa di chi
in quel momento acconsente al niente che accade.
È quello che Dora, la protagonista
di questo romanzo, fa con grande abbandono. Con grande amore
anche - per l'ignoto, innanzitutto.
Sono due eventi forti, due morti per la precisione, che vanno
a scardinare qualcosa nel suo equilibrio, a quanto pare già
precario: intanto riceve la notizia improvvisa che il padre
lontano (vive in Italia, lei invece in Svizzera) è
in punto di morte; e mentre Dora, già in ritardo, si
trova sul treno che dovrebbe condurla al capezzale del genitore
in agonia, un suicida si butta sui binari, perdendo la vita
e interrompendo bruscamente il moto dei vagoni.
Non è certo un caso che la protagonista intraprenda
un viaggio verso l'Italia meridionale, e per di più
in treno. Sarà anche uno stereotipo, ma per una svizzera
tale iniziativa implica innanzitutto il passaggio repentino
da una vita regolata e prevedibile al caos più imponderabile.
Su quel treno anche la narrazione subisce dei sussulti che
la scuotono dal suo andamento lineare, e il discorso passa
repentino dal passato al presente e viceversa, quasi coincidessero;
mentre Dora sostanzialmente assiste, come si diceva, a un'oscillazione
costante di soggetti dentro di sé, attraversati come
stazioni da quel treno rapido di parole che è il romanzo
escogitato dalla sua autrice. In ogni diversa voce narrante
Dora custodisce un pezzo del suo cuore e, giunta al punto
di arrivo di ognuna deve scendere, fermarsi, ascoltare e ripartire.
Forse perché nessuno di questi soggetti, da solo, le
consente di comprendere la realtà di quanto le succede.
Per esempio: mentre è in viaggio
verso il padre morente, Dora sul treno incontra un uomo mai
visto prima, Francesco, e, una volta che la corsa si arresta
a causa del suicidio, decide di scendere a Prato dove vivrà
con lui un'avventura amorosa a suo modo importante, di cui
tuttavia non si intuisce la destinazione: finirà nel
nulla o diventerà la storia della sua vita?
Certo non è capire che importa. Quello che conta è
lasciarsi invadere dalla musica della vita (una sinfonia corale,
si direbbe), e da quella lasciarsi condurre. Dove, poi, lo
decide sempre lei, la vita. E un po' rimanere dove si aprono
nuove vie, e poi di nuovo mutare. È appunto questo
il richiamo, o invito, che ci regalano Dora e la sua creatrice,
abilissima a incatenare una frase incompiuta alla successiva
con un tono infinitamente variato, che passa dalla contemplazione
rapita al dolore senza sutura.
La lettura tutta d'un fiato, alla stessa
velocità della vita che corre, lascia in preda al sospetto
che Non è successo niente sia una Variazione
Goldberg che il grande Bach evidentemente ha dimenticato
di comporre, e Sylvie, a distanza di parecchio tempo, ha intuito
e trascritto in partitura verbale.
Monica Pavani
Page créée
le 01.08.98
Dernière mise à jour le 16.09.08
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